Napoli, 23 Novembre – Il libro dal titolo “Uomini contro di Francesco Rosi”, pubblicato in edizione italiana e francese dall’editore Gremese, è scritto a quattro mani da Savino Carrella, autore di vari saggi sul cinema, e Pasquale Gerardo Santella critico letterario e cinematografico. Il testo, che in copertina presenta un fotogramma del film con l’immagine dell’attore Gian Maria Volonté, fa parte della collana “I migliori film della nostra vita”, diretta da Enrico Giacovelli, ed è dedicato dai due autori palmesi “Ai nostri nonni Pasquale Gerardo Santella e Savino Maiello, eroi involontari della Grande guerra”.
Il testo si apre con la “carta d’identità” del regista Rosi e del film Uomini contro, liberamente ispirato al romanzo di Emilio Lussu “Un anno sull’Altipiano”
Interessante e curiosa l’Introduzione, dove Santella racconta che, da ragazzino, il papà appassionato di cinema lo portava con sé nelle sale cinematografiche del paese, Ariston e Zara. Perfino lo portò a vedere le alcune scene di un film girate a Palma nel 1958. E qui poté vedere il regista Rosi con gli attori in azione in alcune riprese girate all’esterno, provando qualche delusione, perché aveva immaginato gli attori belli, eleganti e forti e vederli sudati, stanchi, affamati durante una pausa, mostrava che la realtà non corrispondeva a quella dello schermo.
Il film era “La sfida”, ispirato alla vicenda di Pasquale Simonetti, detto Pascalone e’ Nola, boss del mercato ortofrutticolo, ferito mortalmente il 16 luglio 1955 a Napoli al corso Novara a colpi di pistola dal sicario di una banda rivale e fu proiettato dopo 2 anni nella sala Zara del paese dove in pratica lo vide tutta la popolazione. Fu il primo incontro con il cinema di Rosi da parte dell’’autore, che da allora non perse alcuno dei suoi film e considera “Uomini contro” uno dei suoi film cult.
Le nitide immagini in bianco e nero e quelle a colori del testo sono corredate da interessanti didascalie che inducono il lettore non solo a ricordare le scene viste durante il film ma anche a riflettere sulle pagine di storia della Grande Guerra, raccontate con dovizia di particolari. Una lettura che è un invito soprattutto alle nuove generazioni a rivedere il film di Rosi, in particolare nelle scuole, per comprendere meglio fatti ed avvenimenti che nei libri di testo non si trovano oppure hanno un’attenzione molto marginale.
Accurata e dettagliata da parte di Carrella l’analisi del rapporto tra cinema e letteratura nel confronto del film con il libro Un anno sull’Altipiano. Dal parallelismo tra le varie sequenze i due codici (scritto e visivo), condotto con linguaggio tecnico ma fruibile, emergono la disumanità della guerra, il disprezzo della vita umana da parte dei comandi militari,le orrende punizioni per far rispettare la disciplina e mantenere con la forza i soldati al fronte,gli esiti devastanti degli armamenti usati.
“È la guerra- scrive Santella– delle faticose marce nel fango, della fame e del freddo, a mettere ogni giorno a rischio la vita. Ora vedevo quello di cui mio nonno non voleva parlare”
Il nonno Gerardo torna a casa vivo dal macello, ma si chiude in un mutismo refrattario ad ogni forma di ricordo della guerra, non partecipa mai alla celebrazione dell’anniversario della Vittoria il 4 novembre e considera il suo maggior atto di valore aver riportato salva la vita a casa. Gli orrori vissuti della guerra gli hanno lasciato un segno indelebile che il giovane nipote Gerardo ha potuto comprendere solo dopo aver visto il film Uomini contro e in particolare la scena in “cui il tenente Sassu alla domanda del generale Leone se ama la guerra , risponde:<< Quando uno ha visto la guerra in faccia , non ha voglia di parlarne>>.
Un libro di valore che prende in considerazione il film come uno “strumento per raccontare la storia” rispetto al passato e rispetto al presente come una ‘fonte’ per conoscere la storia.
E infine qualche domanda al prof. Santella
Quale ruolo ha avuto il professore Savino Carrella nella stesura del libro?
“L’analisi del confronto tra il film di Rosi e il testo di Lussu è tutta sua. Il lettore vi ritroverà sia l’utilizzazione del linguaggio “specifico” del film sia il dialogo tra codice visivo e codice scritto nelle loro diverse espressioni di narrazione”.
Quale la considerazione della guerra che volete trasmettere?
“Quella di Rosi: radicalmente antimilitarista. La prima guerra mondiale non ha niente di eroico. È stato un macello di carne umana, che si poteva evitare, che ha provocato 600 mila morti, di cui per la metà, non lo si dirà mai abbastanza, uccisi dagli italiani stessi”.
Ma questi soldati non si sono sacrificati per la patria?
“Più che “si sono sacrificati” diciamo che “sono stati sacrificati” da politici, guerrafondai, industriali, gestori del potere a vari livelli per i quali il patriottismo di cui si riempivano la bocca era solo, cito le parole di Johnson, “l’ultimo rifugio delle canaglie”
Una curiosità. Perché nella dedica avete definito i vostri nonni “eroi involontari”?
“Per le ragioni sopraddette. Strappati alle famiglie, al lavoro, alla difficile vita quotidiana,avrebbero fatto volentieri a meno di essere mandati a rischiare la vita sul fronte. E poi, per cosa?”
Vuole dire qualcosa ancora del libro?
“Sì. Il testo è corredato dai curatori Piero Spila e Enrico Giacovelli di duecento foto (la maggior parte a colori) e numerose didascalie. Non si tratta di semplici illustrazioni del testo: le immagini interagiscono con la scrittura, dialogano, commentano, interpretano, istituiscono confronti, aggiungono un surplus di conoscenze, muovono i meccanismi dell’intelligenza del lettore, chiamato a riflettere e giudicare”.
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