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Siccità e desertificazione, un drammatico aspetto dell’estremizzazione climatica

Napoli, 19 Maggio – “Mai come nel 2024, per vari motivi, la cronaca è ricca di evidenze di eventi idro – meteorologici intensi se non estremi, forieri di danni anche ingenti ai beni e purtroppo di perdita di vite umane. In tal senso, la comunicazione dedicata al rischio deve spostarsi necessariamente dall’incertezza all’evidenza, visto che da alcuni anni non siamo più in una fase meteo climatologica di “se accadrà” ma di “quando accadrà”. Ci sono fenomeni climatici che se non così drammatici nel loro esito producono più danni complessivi di quelli causati da temporali, grandinate, alluvioni frane, valanghe.

Il più dirompente di essi si chiama siccità ed è il rovescio della medaglia delle alluvioni e dei temporali rispetto all’estremizzazione climatica. E cosi, se sulle Prealpi centrali, le cumulate meteoriche da inizio anno solare hanno spesso superato i 1500 mm , numeri tra i più significativi dell’ultimo mezzo secolo, e le nevicate ad alta quota continuano ad essere abbondanti, come peraltro da tipico regime nivometrico alpino, in alcune aree della Sicilia e della Sardegna, sempre da inizio anno 2024, sono caduti non piu di 100 mm di pioggia, distribuiti in meno di 20 giorni”. Lo ha affermato Massimiliano Fazzini, climatologo, Coordinatore del Team sul Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale.

“Se si riflette sull’evidenza climatologica che da un’ipotetica linea Roma – Foggia verso sud, gennaio e febbraio siano due dei quattro mesi piu piovosi dell’anno e che l’Estate vi sia quasi totalmente secca, l’immediato futuro si prospetta critico. Né i sempre più frequenti temporali, talora di tipo mesociclonico, potranno in alcun modo risollevare la situazione ed anzi favoriranno la tendenza ad un sempre più rapido inaridimento degli strati più superficiali del suolo. Evidentemente, la stragrande maggioranza delle precipitazione breve ed intensa ruscella su un suolo gia reso impermeabile da lunghi periodi senza precipitazioni – ha concluso Fazzini – in un contesto termico di tipo subdesertico che tutti conosciamo. Ergo, la siccità prolungata può accelerare il processo di desertificazione, mentre la perdita di suoli fertili può rendere le regioni più vulnerabili alla siccità.

In questo vortice autoalimentante, occorre rapidamente cercare e trovare soluzioni tecnologiche che permettano di adattarsi al nuovo clima, diminuendo, da una parte la vulnerabilità dei suoli, dall’altro aumentandone la capacità adattiva. E se da una parte, “leggendo” la gravosa problematica nelle pratiche agricole, si possono applicare i principi dell’” agricoltura conservativa” e la “rotazione delle colture”, al fine per preservare la fertilità e ridurre l’erosione, dall’altra si possono evidentemente inserire colture di tipiche di un ambiente climatologico semiarido o steppico laddove il suolo sia caratterizzato da adeguate caratteristiche di cultivar. Ma la siccità determina problematiche a 360 gradi; coinvolgendo anche l’aspetto industriale ed in primis quello “sociale” ss. A brevissimo termine, si pensi alla richiesta di acqua per meri fini turistico ludici ma anche semplicemente per gli usi domestici. In un territorio che, tranne in limitate aree, ha sempre beneficiato di una enorme disponibilità dell’oro azzurro, ora ci si trova di fronte ad un’inaspettata riduzione di tale bene unico.

E purtroppo ciò no né ancora bene compreso, stante una limitato educazione civico – ambientale che attanaglia da sempre il nostro paese. E da qui l’ennesimo accorato appello a non sprecare acqua. In attesa che finalmente anche la politica comprenda che è passato il tempo di adattarsi con qualunque forma di infrastruttura all’estremizzazione del segnale meteorico, nel pieno rispetto di ciò che rimane di un ambiente troppo spesso e a lungo “strapazzato” da pratiche antropiche a dir poco esagerate”.

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