Napoli, 04 gen – Una volta terminato di espletare una serie di adempimenti tra una cancelleria e l’altra, mi appropinquo all’uscita del Palazzo di Giustizia; la mia giornata di lavoro (ieri, ndr), tuttavia, era ancora ben lungi dal volgere al termine: nel tardo pomeriggio di ieri – dopo una siesta rilassante, ancorché breve – mi sono diretto in studio con l’intento di completare una serie di lavoretti la cui consegna è prevista tra breve.
Ogni tragitto metropolitano, come molti ben sanno, costituisce per me un’occasione preziosa per dare un po’ di carica ai neuroni: nel corso dei miei spostamenti cerco sempre di ragionare in maniera approfondita riguardo alle tematiche attuali, soffermando la mia attenzione sui problemi che nel corso degli ultimi anni stanno rendendo vistosamente difficile la nostra esistenza.
Numerosi articoli, tratti dagli ultimi numeri della rivista settimanale “Internazionale”, sono dedicati al triste fenomeno del climate change, (che ha spinto i giovani di tutto il mondo a scendere in piazza), conseguenza diretta delle folli ambizioni dei magnati, nonché del menefreghismo che caratterizza l’uomo comune. Tuttavia, i politici tuttora in carica non si stanno adoprando affatto per porre freno a questo schifo o per risolvere il problema in tempi record: costoro hanno la testa completamente fra le nuvole! I veri attivisti, a parer mio, sono gli appartenenti alla nuova generazione, i quali, seguendo l’esempio della sedicenne Greta Thunberg, cercano di far capire alla popolazione mondiale che la crisi ambientale è il derivato dell’inettitudine di chi, oramai, è prossimo a farsela sulle scarpe una volta ottenuta la tanto ambita pensione.
L’episodio che intendo narrare quest’oggi, cari Lettori, vi permetterà di avere un quadro quasi completo della triste situazione che s’è venuta a creare.
Questa mattina, prima di salire a bordo del metrò per raggiungere il Tribunale, ho fatto – come di consueto – un salto al bar sito di fronte alla stazione per ivi rinfrescarmi con un EstaThé al limone: là dinanzi era parcheggiato un camioncino della ditta De Vizia – che gestisce da anni il servizio di nettezza urbana a Pozzuoli – col motore acceso: credevo si trattasse di una breve fermata per la raccolta giornaliera dei rifiuti porta a porta, quindi ho continuato a camminare; ma, una volta entrato nel caffè, ha avuto luogo l’irritante scoperta (sentite, sentite): dinanzi al bancone c’era, guardate un po’, un tale con indosso l’uniforme dell’anzidetta impresa, il quale non era affatto intento a portare a termine il proprio lavoro.
Non sto dicendo alcuna baggianata, perché il dipendente stava tranquillamente conversando con i due onesti gestori (che conosco da diversi anni), ignari del puzzo immondo di gasolio emanato dal veicolo. Sine mora, ho messo mano alla tasca interna della mia giacca per prendere il cellulare: avevo intenzione di girare un video seduta stante da inviare a chi di dovere, ma…tutti han puntato, com’è ovvio, gli occhi su di me; allora ho telefonato tempestivamente all’azienda, segnalando nei minimi dettagli l’accaduto: un gentilissimo impiegato, scusandosi con il sottoscritto, ha promesso (spero….non secondo il costume nautico!) di chiedere spiegazioni al dipendente circa la sua condotta.
Chiunque, con fare presuntuoso e maniere scortesi, potrebbe dirmi “ma t’putiv ffà e’ fatt tuoje?” (It.: “ma potevi pensare ai fatti tuoi?”); orbene, tanto in qualità di cittadino di Pozzuoli quanto in veste di appartenente alla nuova generazione….questi sono fatti miei: a pagare il fio di questo scempio saremo, infatti, noi giovani; ma l’errore è stato commesso dai cosiddetti “grandi”, da chi sostiene fermamente di “aver capito cos’è la vita”. Ma, in realtà, questi soggetti non hanno compreso un beneamato tubo!
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