Talassemia, meno trasfusioni con le nuove cure. Ma per i pazienti il cambiamento è fonte di timori e di paure
Napoli, 22 Aprile – Sono l’attesa, il tempo trascorso presso i centri trasfusionali ma sottratto alla famiglia, al lavoro e al tempo libero ma anche la mancanza di supporto psicologico strutturato e di comunicazioni e informazioni puntuali e chiare sulle opportunità offerte dalle nuove cure in grado di ridurre la frequenza delle trasfusioni, i pesi più gravosi nel vissuto dei pazienti affetti da Beta Talassemia. Malati cronici la cui quotidianità è condizionata dalle trasfusioni di sangue che accompagnano i pazienti per tutta la vita. Un punto di riferimento vitale per centinaia di pazienti talassemici ma anche fonte di dipendenza, di disagio e di difficoltà da cui si ha timore di staccarsene pur potendo diradare questi appuntamenti fissi che diventano una fonte ambivalente di rassicurazione.
E’ quanto emerge da un sondaggio condotto su 180 malati, tra cui alcuni degli oltre 500 pazienti campani, affetti da beta Talassemia (stando ai soli dati epidemiologici trasmessi dall’Azienda Ospedaliera Cardarelli di Napoli, dall’AOU Vanvitelli, dall’Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno e dall’Ospedale Umberto Primo di Nocera Inferiore dove sono stati rilevati 495 persone affette da talassemia di cui 295 colpite da una forma della patologia trasfusione dipendente, 53 in età pediatrica e i restanti 242 adulti).
La beta-talassemia è una malattia del sangue ereditaria, che comporta la disrruzione precoce dei globuli rossi e più bassi livelli di emoglobina e quindi una scarsa ossigenazione dei tessuti, degli organi e dei muscoli, con conseguente stato di stanchezza e limitata crescita. In Italia vivono circa 7.000 persone con questa patologia di cui ben il 73% è dipendente da periodiche trasfusioni di sangue.
Nel corso degli anni i progressi scientifici hanno realizzato cure sempre più efficaci e in grado di ridurre il carico delle trasfusioni, riducendo la fatica e il peso dell’anemia e al contempo liberando tempo traducendosi in una miglior qualità della vita dal punto di vista psicologico, emotivo e sociale per pazienti e caregiver.
Dal sondaggio emerge che quasi il 50% dei malati ha un’età compresa tra i 36 e i 50 anni, nel pieno della vita produttiva dunque. La maggioranza dei 180 pazienti interpellati trascorre tra le 3 e le 4 ore presso il centro trasfusionale talvolta con lunghe attese e tempi morti. Il 57,2 per cento dei malati inoltre impiega più di 30 giorni all’anno in ospedale per la gestione della malattia in termini di visite, sedute di trasfusioni, esami strumentali, monitoraggio della malattia e la stragrande maggioranza dei malati effettua le trasfusioni ogni 2 o 3 settimane. Per il 65% del campione le trasfusioni hanno un moderato impatto sulla routine quotidiana ed influenzano in maniera significativa il lavoro, lo studio, la gestione della famiglia, il benessere e la qualità della vita. Pressoché tutti i pazienti gradirebbero ridurre infine la frequenza delle trasfusioni.
Possibilità offerta da nuovi farmaci ma per i quali risulta insufficiente l’accesso soprattutto dal punto di vista informativo. Un maggior supporto psicologico emotivo per affrontare il cambiamento possibile, un supporto informativo da parte del curante e la possibilità di poter contare sul sostegno di campagne cartacee e digitali sono le principali richieste a fronte di paure e timori di cambiamenti nella routine quotidiana. Ad accendere i fari sui malati talassemici di Napoli e di tutto il Sud Italia è stata FITHAD, Fondazione Italiana “Leonardo Giambrone” per la guarigione dalla Thalassemia Onlus, un ente No-Profit per la ricerca e cura della Thalassemia e Drepanocitosi con l’obiettivo si aprire una breccia su un mondo poco conosciuto che riguarda la quotidianità da centinaia di pazienti e dalle loro famiglie.
La presentazione dei dati del sondaggio – denominato BConfident, realizzato con il contributo non condizionato di Bristol Myers Squibb – ha inteso mettere sotto la lente gli aspetti psicologici e quelli relativi alla qualità di vita di chi è affetto da talassemia, sfatando i falsi miti sui trattamenti oggi a disposizione che non eliminano la dipendenza dalle trasfusioni con l’obiettivo di supportare i malati in una quotidianità dettata dalle terapie e trasfusioni necessarie per trattare una malattia cronica che accompagna il paziente dall’infanzia.
Alla presentazione del sondaggio a Napoli sono intervenuti Antonella Gambardella, paziente affetta da Talassemia, Serena Cuomo, collaboratrice e rappresentante FITHAD, Maria Grazia Paturzo e Silverio Perrotta, specialisti dell’Università Vanvitelli, Paolo Ricchi, Unità Operativa Semplice Dipartimentale Malattie Rare del Globulo Rosso, presso il Cardarelli di Napoli, Francesco Sorrentino specialista del Centro regionale Anemie rare e disturbi del metabolismo del ferro, Ospedale Sant’Eugenio, Roma e Angelantonio Vitucci, specialista presso l’Unità operativa di Ematologia con Trapianto, Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari.
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