LE POTENZIALI SOLUZIONI PER RIMEDIARE AL LAVORO FORENSE PRECARIO.
Napoli, 24 Ottobre – La Professione Forense costituisce l’esercizio di un servizio di pubblica necessità (per approfondimenti si legga l’articolo 359, n.1 , c.p.), teso a garantire, in favore degli assisiti, la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi (art. 24, primo comma, Cost.), in quanto il diritto di difesa è considerato inviolabile ʺin ogni stato e grado del processoʺ (art. 24, secondo comma, Cost.) e va attuato dinanzi all’Autorità Giudiziaria precostituita per legge (art. 25, primo comma, Cost.) e soggetta soltanto alla legge (art. 102, secondo comma, Cost.).
Stante quanto sin qui premesso e fermo restando che l’esercente la Professione Forense deve rispettare, nell’adempimento dei propri doveri professionali (con la diligenza sancita all’articolo 1176, secondo comma, c.c.), le norme deontologiche con riguardo ai rapporti tra i Colleghi, con la Magistratura e con la parte assistita (come risulta dall’accurata disamina degli articoli da 19 a
53 del Codice Deontologico Forense 31/01/2014 , G.U. 16/10/2014 e modificato nella seduta amministrativa del 23 febbraio 2018 e pubblicato
sulla G azzetta Ufficiale n. 86 del 13 aprile 2018, in vigore dal 12 giugno 2018.), va evidenziato che, nei fatti, la vita forense costituisce, dal punto di vista retributivo, quasi sempre, un Calvario che dura fino a quando si va in pensione.
Detto in altri termini: la formazione della cerchia di persone assistite non risulta affatto semplice, in quanto, il piu’ delle volte, chi si rivolge all’Avvocato pensa che la consultazione e l’affidarsi, sul piano processuale, ad un Legale garantisca, certamente, l’ottenimento del risultato sperato (come quando si acquista un vestito previo pagamento del prezzo prestabilito).
Non è per niente così, in quanto, ove ne sussistano i presupposti sanciti dalle prescrizioni codicistiche e normative, con riferimento a ciascun singolo potenziale contenzioso, c’è sempre da sottoporre la questione al vaglio giudiziale. Ne deriva che l’Autorità Giudiziaria competente ben potrà, previa congrua motivazione, rigettare l’istanza (fatta, ovviamente salva, ove esperibile, la possibilità di impugnazione in Appello e presso la Corte di Cassazione).
Circa la complessità e delicatezza dell’esercizio della Professione Forense in favore dei cittadini, ( aspetti concretatesi nella loro genuina quintessenza in Sant’Alfonso Maria De Liguori ed in Sant’Ivo di Bretagna) , si può evidenziare, senz’altro che Piero Calamandrei affermava, con grande saggezza, che: “L’avvocato, il quale fin dal primo colloquio garantisce al cliente l’esito vittorioso della causa, può darsi che sia un abile mestierante, ma non di certo un grande scienziato. Somiglia piuttosto al giocoliere che garantisce di saper indovinare la carta che uscirà dal mazzo (…).ʺ
Ne consegue che occorre, quindi, che i potenziali assistiti abbandonino l’dea (purtroppo ancora fortemente radicata seppure priva di qualsiasi fondamento logico) che si possa certamente raggiungere sempre il risultato sperato (peraltro, secondo molti, in tempi brevissimi), bastando, semplicemente, l’andare a conferire l’incarico al Professionista Forense ( si esamini, in merito, l’art. 13 della Legge Professionale Forense (L. 31 dicembre 2012 n. 247) che prevede, tralaltro, a carico dell’Avvocato incaricato, onerosi adempimenti professional-contrattuali, ai sensi del comma 5 del suindicato articolo, in attuazione dell’obbligo di trasparenza e di buona fede, sulla scia degli articoli 1175 e 2236 c.c.).
Esemplificando: sulla base dei canoni normativi e deontologici che devono connotare l’esercizio della Professione Forense in favore della parte assistita (uomo o donna che sia) , va evidenziato che, in ogni caso, il patrocinio in oggetto va sempre considerato quale adempimento di un’obbligazione di mezzo e giammai di risultato!
Non è certo semplice farlo capire ai potenziali assistiti, ma i concetti sin qui espressi possono essere fatti loro comprendere, con fermezza e pacatezza, purchè tutti gli Avvocati siano compatti nel comportarsi in tale modo, onde evitare che, alla fin fine, l’Avvocato incaricato debba ricorrere alla proposizione del decreto ingiuntivo (art. 636 c.p.c.) per ottenere il pagamento del proprio onorario ad opera dell’assistito ʺvolutamenteʺ insolvente.
Regole chiare sin dal principio uguale rapporti tra Avvocato ed assistito sereni e lineari.
A ben pensarci, si potrebbe ipotizzare, de iure condendo, anche una via ancora più semplice a tutela del lavoro, diligentemente eseguito, ad opera dell’Avvocato (quale soluzione che deve, però, cominciare ad essere attuata anche in favore dell’Avv. Praticante (nei limiti delle competenze previste per legge, con riferimento alla fase antecedente e postuma al conseguimento del Patrocinio Sostitutivo), ossia:
il varo di una legge che preveda la diretta dipendenza dell’Avvocato (anche delle varie categorie dei Praticanti) dal Ministero della Giustizia con qualificazione dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati quali enti amministrativi vincolati al suindicato Ministero aventi l’obbligo, tralatro, di inoltrare ad ogni Professionista Forense le pratiche legali da trattare. Ciò garantirebbe, a tutela dell’esercente la professione forense, la copertura stipendiale sicura in quanto dipendente dello Stato.
E’ innegabile che l’Avvocato, studioso e continuamente desideroso di aggiornarsi, eguaglia, come competenza tecnico-giuridica, il Magistrato.
Si tratta di un potenziale cammino legislativo e sociale lungo e faticoso che viene, necessariamente, ad incidere sui rapporti tra Avvocatura e Magistratura (Ordinaria, Amministrativa, Contabile, etc.) e che non è possibile esprimere in poche righe, ma la base di partenza è il concetto sovra esposto.
I potenziali assistiti potrebbero così semplicemente recarsi presso i Consiglio dell’Ordine che provvederebbero sempre di ufficio ad assegnare il Professionista Forense secondo le competenze del medesimo (es. possesso del Titolo di abilitato al Gratuito Patrocinio od all’Avvocatura di Ufficio, etc.).
Al Parlamento l’arduo compito di riflettere e di provvedere, senza ulteriori ed estenuanti rinvii e con l’ausilio di tecnici preparatissimi, all’istanza riformistica ivi per ultimo prospettata.
Giulio La Barbiera
(Avvocato iscritto nell’Albo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli ed Abogado iscritto presso Illustre Colegio De Abogados De Santa Cruz De La Palma – Spagna)
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