A LEGGERE I POCHI NOMI SUL TAVOLO SEMBRA PIU’ UN RICICLO DELL’USATO E NEMMENO TANTO GARANTITO.
Napoli, 21 Gennaio – Mancano 4 giorni alla prima seduta per la nomina del nuovo presidente della Repubblica italiana, il tredicesimo, e le grandi manovre sono iniziate. Partiti anche i carabinieri da tutta Italia con anticipo per blindare la capitale in vista dell’evento e finalmente riprendere la dignità del ruolo che loro compete dopo il declassamento a “controllori” degli ultimi mesi.
Ma l’elezione del nuovo presidente si prospetta più difficile di quanto sia mai stata, per una serie di motivi che ne amplificano l’importanza da un lato, ne complicano l’esecuzione (e l’esito) dall’altro. Sarà anche colpa del numero che non è certo di buon auspicio.
L’emergenza, le positività dichiarate e non e la questione super green pass che rischia di dimezzare i votanti (due ordini del giorno all’Aula della Camera sono stati presentati affinché tutti i 1.009 delegati potessero partecipare alle elezioni e via allora gli obblighi per i mezzi di trasporto da e per le isole, ma solo per i politici s’intende; ordini ovviamente approvati, questi, con larghissima maggioranza); la disgregazione delle forze politiche che, contrariamente ai moniti ed ai suggerimenti di “Super Draghi”, si dividono sui nomi da presentare, nomi che neppure hanno in realtà, e sembrano quasi giocare a colpi di tweet e post per far credere agli italiani di possedere accordi ed alleanze che sono solo di apparenza e facciata.
Sta facendo infatti storia il trittico di tweets Speranza-Conte-Letta che scrivono di un “Ottimo incontro (tra i tre ndr). Lavoreremo insieme per dare al Paese una o un Presidente autorevole in cui tutti possano riconoscersi. Aperti al confronto. Nessuno può avere diritto di prelazione. Tutti abbiamo un dovere di responsabilità”. E notasi bene, si tratta dello stesso identico testo con il tag ai tre personaggi da parte dei tre personaggi! Sarebbe comico – e gli italiani, a leggere i commenti sono davvero a mantenersi la pancia dal ridere – se non fosse così tragico perché Pd, M5S e Leu sono la maggioranza dichiarata del paese e sono in panne: il nome del o della nuova più alta carica del paese non c’è, non ce l’hanno e se pure lo avessero i tempi per tirarlo fuori sono davvero ridotti perché si possa poi cercare e blindare l’accordo con i grandi elettori.
Se il centrosinistra è in panne, il centrodestra è in stallo. L’unico nome papabile e che viene fuori ad ogni consulta pubblica o privata o segreta che sia è quello del Cavalierissimo che ha sciolto le riserve ed ha dato la sua disponibilità a candidarsi facendo i suoi “conti ed incontri”; ma se ci sia un vero accordo sulla candidatura di Berlusconi è in dubbio perché la Lega non ha detto no, ma nemmeno un si convinto.
E quello di Silvio è il primo nome dell’ “usato garantito”. Porterà qualche novità rispetto a quanto fatto sinora? Difficile crederlo, ma nel frattempo si tessono i panegirici: l’uomo più votato della storia, ed è verità; l’uomo che ha saputo rinsaldare Russia ed America con il patto di Pratica di Mare, ed anche questo è innegabile; l’uomo che ha creato la tv commerciale in Europa, non smentibile; l’uomo che ha portato ai massimi livelli il nome dell’Italia in Europa, gradito a tutti i leaders…..qui potremmo stoppare il telaio. Certo è che se dovesse ritirarsi per sua o altrui volontà, sarà dalla sua bocca e penna che uscirà il nome del quirinabile che dovrà sostituirlo.
Ed il secondo nome? Se mai ce n’è stato un secondo davvero sostenibile, oggi – a meno di 100 ore dalla data del 24 gennaio – risulta no show, non pervenuto o meglio precocemente ritirato. Da Gentiloni alla Bonino, da Amato alla Casellati, da Casini alla Moratti, niente di fatto perché i voti di tutti messi insieme non sarebbero sufficienti molto probabilmente a garantire a nessuno di loro il seggio. Per alcuni di loro, considerata l’età ed alcuni memorabili sfondoni, il seggiolone.
Ed anche su questi nomi scatta il bollino OFFER-SPECIAL PRIZE perché nessuno di loro è nuovo alla politica come alle cronache, non sempre con toni ed argomenti esaltanti per i signori.
Rimangono due le alternative possibili e che siano attuabili in termini di consenso e aderenza al ruolo, nonché di mero opportunismo per la politica “panchinara” che non vuole rinunciare al posto tra gli scranni e non vuole le elezioni (che allontanerebbe interi partiti anche solo dal portone di Montecitorio, figurarsi dal posto a sedere!).
Nome n° 1 – Mario Draghi: a suo favore, le lingue lunghe di PD e M5S; il sogno del PNRR, tutto nelle sue mani e nel suo curriculum; 51 punti di programma raggiunti -almeno il programma che conosce lui e la sua squadra e che ai comuni cittadini “non è dato sapere né comprendere”-. Ma soprattutto a suo favore gioca la voglia indicibile della politica tutta, tranne alcune eccezioni davvero mirabili, di toglierselo dalle scatole e farlo traslocare il prima possibile da Palazzo Chigi (perché non è cosa nota ai più ma lapalissiana per gli addetti ai lavori e per i frequentatori dei corridoi della politica, sono parecchie le uova che Mario Draghi ha rotto nei panieri di più di un politico, e le facce ed i modi sorridenti sono di convenzione, non certo di amore vero). Contro di lui la sola opposizione di governo che lo vorrebbe fuori dai giochi (perché poi abbia quasi sempre votato a suo favore durante le sedute per i nuovi dl et simila è un mistero ancora irrisolto, sicura e forte del suo 31% di preferenze nette che, in caso di elezioni le riserverebbe una maggioranza schiacciante e pressoché assoluta. Ma non si bruciano i nomi ed il suo verrà fuori solo alla terza, forse quarta consultazione. Un suo rifiuto per rimanere a Palazzo Chigi significherà la segnalazione di un suo fedelissimo: la Cartabia è in pole position.
Nome n° 2 – Sergio Mattarella: a suo favore l’adorazione delle masse e dei mass media; anche per lui le lingue lunghe, lunghissime, del centrosinistra; la “fortuna sfacciata” di essere stato a capo del Paese durante il periodo più nero dal dopoguerra; il piglio da padre buonissimo e la fermezza di chi non si smuove davanti a nessuna catastrofe. Ma a suo favore davvero gioca la voglia dei solerti servitori dello stato di mantenere l’emergenza, e mantenere l’emergenza significa mantenere Mattarella e soprattutto la totale assenza di un uomo o una donna che sia competente nell’esperienza e nella formazione, che sia rispettabile senza nei, che sia indiscutibile nei trascorsi. Contro: lui ha opposto in tutte le salse un granitico NO ad un secondo mandato che alla sua veneranda età significherebbe uscire dal Quirinale ad 87 anni.
Di nuovo davvero cosa c’è in questa elezione? L’anno.
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Carolina Pastore: Formazione umanistica, da sempre impegnata nell’organizzazione del lavoro, curiosa per indole. Ha sviluppato la pratica dell’ascolto e l’ha trasferita nella sua passione: il giornalismo. “Costruiamo ponti, ci porteranno dall’altra parte del mondo”