Pozzuoli, 5 Ottobre – DOPO QUEL NATALE. Qualche anno fa, pochi giorni dopo il Santo Natale, Pozzuoli era tappezzata di manifesti: ad affiggerli eran stati diversi lavoratori della ristorazione, lamentandosi – a ragion veduta – delle condizioni, a dir poco pietose, in cui si trovavano costretti a prestare le loro rispettive attività, specie nei periodi a ridosso di date in cui i più sogliono ritrovarsi e trascorrere qualche giorno in compagnia.
MANGIARE BENE. Pozzuoli è nota non soltanto per il suo glorioso passato d’epoca greco-romana, ma anche come polo gastronomico di particolare rilevanza, che costituisce un autentico punto di riferimento per turisti e residenti (tra i quali ultimi figura lo scrivente): le pietanze a base di pesce fanno gola a parecchi, ma quelle preparate seguendo le ricette della tradizione puteolana non conoscono paragoni, considerata l’attenzione riservata dai professionisti del settore alla qualità degli ingredienti.
UNA PIAGA DA SANARE. Cionondimeno, della medesima attenzione i lavoratori non godono affatto, dacché vengono considerati, in sostanza, alla stregua di robots: i turni massacranti cui vengono sottoposti e le paghe da fame che i datori gli corrispondono non si limitano ad essere indice di una condotta tanto criminosa quanto lesiva dei diritti costituzionali, ma rappresentano, altresì, una piaga sociale che va assolutamente sanata attraverso la costante cooperazione tra cittadini ed istituzioni.
Non è, infatti, accettabile che continuino a moltiplicarsi i casi di burnout, tale da intendersi l’esaurimento, in capo a chi lavora nelle suddette condizioni, delle risorse psico-fisiche: le norme in materia non mancano, ma è altrettanto forte la riluttanza a non garantirne il rispetto!
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