Palma Campania, 31 Ottobre – L’Associazione culturale Naturae si prende cura dell’Orto sociale di via San Felice a Palma Campania. Le belle giornate ottobrine di sole e cielo terso hanno contribuito a mettere in atto l’idea di Rosa Ferrante presidente dell’associazione, per un incontro culturale, una chiacchierata tra il verde dell’Orto, con Adelina Mauro, vicepresidente, autrice del libro “Un Infinito mare carminio,” Michelangelo 1915 Editore, una raccolta di racconti nata con l’intento di devolvere l’intero ricavato in beneficenza. Nella mattinata di sabato scorso Adelina è stata accolta nel luogo a lei noto, che cura con le socie e i soci.
Tanti gli amici e conoscenti sono entrati nel giardino che per l’occorrenza è diventato salotto letterario. La mattinata si è svolta tra i profumi e un’atmosfera di calore e condivisione con gli interventi di una diretta del direttore Raffaele Ariola di SittiusNews24, il professore Pasquale Gerardo Santella e la professoressa Michela Buonagura, che con immenso affetto hanno accettato l’invito della presidente ad esserci per Adelina. “L’intento è quello di far apprezzare l’orto sociale come un luogo di incontro e di crescita, dove ogni tipo di manifestazione può trovare il suo spazio ideale, – dice la presidente Rosa Ferrante – Qui la terra non solo nutre le piante, ma anche le relazioni umane, creando un tessuto sociale ricco e variegato. Quale luogo migliore per uno scambio di emozioni con Adelina.”
Il professore Santella si è soffermato in particolare sulla lingua e lo stile dei racconti, mettendo in rilievo le corrispondenze e l’interazione tra tecniche narrative e l’argomento trattato. A dimostrazione delle sue parole ha letto un brano del racconto Il dialogo muto, in cui ha analizzato l’uso della punteggiatura e mostrato come la frequente interruzione del periodare generi un ritmo franto, quasi una sistole e diastole cardiaca, che è l’equivalente formale dei dubbi, delle ansie e dei cattivi presentimenti che si agitano nella mente della donna protagonista nel mentre va a fare una visita alla madre malata. Il che è anche un segno prolettico, che anticipa nell’immaginazione del lettore un evento che non ancora deve accadere.
“Erano le sei del pomeriggio, quella volta non avevi fretta d’arrivare. Forse non volevi che la morte entrasse, speravi in cuor tuo di saperla gestire. Uscivi da una riunione a scuola. Non avevi fretta, ma lei ti ha atteso. Un presentimento ti ha preso, colto, hai fatto le scale della sala che portano nella camera, a due a due. Ti ha guardata, ha volto lo sguardo alla statua che le era di fronte. Le hai preso la testa. – Mamma! – e lei ha esalato l’ultimo respiro.”
Adelina Mauro ritirerà a breve a Taranto un riconoscimento prestigioso che la giuria del Premio letterario Nazionale Raffaele Carrieri le ha decretato con il primo posto, proprio per questo racconto. “Quello che mi ha colpito del libro è anche la copertina che rappresenta la Passeggiata nella neve, opera del pittore Eduardo Amato. È un’immagine significativa, – ha sottolineato Santella. – La copertina di un libro deve dare una visione al lettore di quello che può trovare nel libro. A me richiama alla mente il viaggio dantesco. La donna, con questo abito rosso, mi fa pensare a Dante e il paesaggio alla selva oscura, in quanto la selva metaforicamente può essere rappresentata da qualsiasi paesaggio. La donna fa il suo cammino difficile, come un’eroina, verso una meta, la casa che rappresenta rifugio e quiete, la speranza che spesso troviamo citata nei racconti”.
La professoressa Michela Buonagura ha esordito con alcune riflessioni sulla narrazione, un rituale antico che risale all’origine dell’umanità, essenziale per trasmettere informazioni e condividere esperienze personali. Questa pratica non solo ci permette di esplorare noi stessi e gli altri, ma promuove anche la crescita interiore. Narrare è un’arte quotidiana capace di creare intimità ed empatia, e le storie di Adelina Mauro giungono come le storie raccontate tra vicini, tra amiche, riflettono la vita con le sue gioie e dolori, evidenziando l’importanza degli affetti e le assenze dolorose, facendo sentire i lettori parte delle vicende. Adelina, con il suo stile colloquiale, riesce a esprimere emozioni e stati d’animo, trasportando il lettore in un viaggio tra passato e presente, uniti dal potere del sentimento.
Ha proseguito con una serie di domande, di riflessioni, sollecitando la scrittrice a trattare alcuni temi dei suoi racconti a partire dal primo della serie dei trenta “Spes ultima dea”.
È un racconto che fa riflettere sulle difficoltà da affrontare in percorso di malattia importante. Il titolo tuttavia è un invito alla speranza. Spes ultima dea richiama il mito greco di Elpis, citato per la prima volta da Esiodo ne Le opere e i giorni, nel mito del Vaso di Pandora. Quando Pandora lo aprì, tutti i mali contenuti nella giara si dispersero nel mondo. Rimase solo la Speranza, l’ultima risorsa per l’uomo. Infatti, ancora oggi diciamo che la speranza è l’ultima a morire. Molti racconti di questa raccolta parlano di sofferenza e di aspettative, ma non sono mai totalmente in negativo, su tutte domina appunto, la speranza. È un tuo modo di vedere la vita? Hai una visione ottimistica della vita?
“Indubbiamente sì, sono ottimista, nonostante la vita riserva dure prove da superare. Non so da dove attinga la forza. O meglio mi dico Lassù qualcuno mi ama, forse la mia mamma che non c’è più, che è il mio angelo custode, la mamma non ci abbandona mai nei momenti dolorosi o difficili da affrontare. È lei la fiammella della speranza a cui mi affido, mi mette nelle condizioni di uscire fuori da situazioni insormontabili e mi sento più forte di prima. La protagonista del racconto è proprio così. Racconta la sua storia di malattia, che è un vissuto di sofferenza straziante, ma la speranza la porta alla rinascita di una nuova vita. Quel mare carminio di papaveri rossi, i fiori della consolazione alimenta quella speranza che trasuda in altri racconti quasi a proteggere dalle forze malefiche che ahimè la vita riserva.
E la scrittura per me rappresenta consolazione. Amo scrivere a penna e mi lascio trasportare dai personaggi nelle loro vicende. Ne seguo il cammino. Un altro racconto che richiama la malattia è Il dialogo muto, di cui Il prof. Santella ha fatto una disamina eccellente. Anche qui la protagonista si affida alla speranza di potercela fare a superare la sofferenza di vedere sua madre malata. Si reca in pellegrinaggio a Medjugorje ed è lì che avviene il miracolo, le ferite dell’anima sono lenite dalla benedizione della Madonna.”
Il libro offre anche uno spaccato su tradizioni che sono rimaste care nella memoria di molti. Che valore hanno per te le tradizioni?
“Le tradizioni hanno un valore importante, per me sono la vita che continua. Ne ho parlato nel racconto ‘Il torrone che sa di mamma’. Amo rinnovare questa tradizione e seguo la ricetta del composto che faceva mia madre, c’era un profumo che si spandeva nel vicinato, per cui era impossibile nascondere ciò che lei faceva. Tante tradizioni culinarie mantengo, come la parmigiana, le polpette, la crostata, che vengono citate anche in altri racconti perché rappresentano sfumature della mia infanzia e della mia giovinezza legate non solo a mia madre ma a tante persone conosciute. Per esempio si ritrovano in ‘Rosina ’a panettera’, ‘Zia Agnese’, ‘Il dialogo muto’. In altri racconti ricordo altre tradizioni, come la processione, la festa al borgo, il concertino.”
Nei momenti più bui della nostra esistenza volgiamo gli occhi al cielo, in cerca di aiuto e di conforto. Chi ha fede è più forte perché è certo di poter contare su un sostegno che non ha eguali. Quanto ha contato e conta la fede nella tua vita?
“La fede conta, io la chiamo unico vero riparo. Anche la fede è un elemento ricorrente nei miei racconti. In “La forza della fede” la protagonista, al cospetto del santo medico, si lascia andare ai ricordi e lo ringrazia per il sostegno che ha avuto in un momento di bisogno. E ancora una volta gli chiede aiuto anche per gli altri, gli affida bimbi malati, bimbi di guerra. Anche questo è un racconto di immersione nel personaggio con tutto ciò che comporta essere madre, desiderare la salute per i propri figli e per quelli degli altri. Bisogna leggere tutto il racconto per cogliere in pieno la forza di questa mamma, pronta a combattere per vedere guarita sua figlia. Sono queste sensazioni che provano tutte le mamme, i genitori. Non è facile trasferirle in parole, io mi sono lasciata trasportare dalla dolce danza del cuore. Nel racconto ‘La costellazione’ i miracoli del medico santo vengono raccontati dal papà alla propria figlia che si trova in un letto d’ospedale.”
Nel racconto ‘Un mondo dipinto di blu’ si parla di una condizione che viene classificata nella categoria dei disturbi dello spettro autistico. Nella tua vita scolastica hai avuto l’esperienza didattica con bambini e ragazzi autistici? Come hai affrontato il percorso formativo?
“Alcuni genitori rifiutano la realtà del problema. È difficile, molto, stare a contatto con bambini affetti da tale condizione. Le mie esperienze risalgono ai primi anni d’insegnamento, quando non si conosceva abbastanza e quando la famiglia voleva tenerla nascosta, per cui non aiutava l’insegnante nel percorso formativo. Ma la cosa migliore è creare un ambiente sereno, armonioso, ed è la scolaresca tutta a farsene carico, guidata dal docente e si procede a gradi, con pazienza. Tanta, senza aspettative a breve termine. I bambini affetti da questo disturbo richiedono tanta energia, attenzione da chi si relaziona con loro, ma soprattutto richiedono “strategie di gestione specifica” per stabilire una relazione positiva che ne favorisca gli apprendimenti.”
Della scuola parli anche nel ‘Il banco’. In questo racconto, che chiude la raccolta, è un oggetto a prendere la parola, un modo piuttosto singolare dell’utilizzo del punto di vista. Il banco prende vita e assurge a simbolo di una carriera scolastica e al tempo stesso diventa quasi un diario di chi lo ha utilizzato, lasciandovi i segni dell’umore del momento. È un ricordo dolce che segna il tuo cammino nel mondo della scuola. Rimpiangi i tuoi alunni?
“Nessun rimpianto. Se penso al percorso di vita a scuola, mi sento piena, anche se talvolta mi soffermo a pensare che avrei potuto fare di più. Ad ogni ciclo di scuola mi dicevo: avrei dovuto continuare con questi alunni un altro anno per dare ciò che ho mancato. E mi consolo nell’incontrarli, con gli abbracci che mi danno, con le telefonate che arrivano inaspettate, per un invito di laurea. Ne seguo il percorso e sono felice. Non devono essere tutti laureati, l’importante che facciano un lavoro che piace, essere buoni cittadini rispettosi delle regole. E vivo di ricordi. Ne ho tantissimi e sono il corredo della mia vecchiaia. In questo racconto, ci sono tutti loro, in questo libro ci sono flash di vita, in tutte le pagine ci sono i loro volti, potrei elencarli ad uno ad uno, ci sono i personaggi che mi hanno ispirato pensando a loro. Non mi resta che ringraziarli tutti per ciò che mi hanno dato, sono stati la mia forza, sempre. Il lavoro aiuta e loro mi hanno aiutata ad essere forte, mi hanno fatto amare il mio lavoro ed è il lavoro più bello che ci sia quello di maestra.”
La prof.ssa Buonagura ha concluso invitando i presenti “alla diffusione del libro, perché i racconti di Adelina Mauro sono racconti espressivi, emotivi, che attraverso una storia comunicano sensazioni e sentimenti, e oggi c’è tanto bisogno di rinsaldare questi valori, riappropriarsi delle tradizioni che fanno famiglia, che fanno appartenenza alla propria terra”.
Il libro “Un infinito mare carminio” è su Amazon: https://www.amazon.it/infinito-mare-carminio-Adelina-Mauro/dp/8896955378
Mondadori Nola, piazza Marconi.
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