Si è appena concluso il Convegno “Arte e dialogo nel Mediterraneo” promosso dalla Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, presso il complesso dei Gesuiti di Posillipo, sede della Sezione San Luigi. Forte la partecipazione, circa 200 i presenti, e di alto spessore gli interventi accademici. Presenti anche il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, e il Viceprefetto di Napoli, Giovanna Via.
Un lungo applauso ha accolto l’appassionato intervento del Professore Salvatore Settis: «Proporre il dialogo attraverso l’arte, ancora una volta, non vuol dire immaginare un impossibile mondo senza conflitti, ma vuol dire farci riflettere sulla natura ed estensione del conflitto, ma anche sulla possibilità di affrontarlo con piena umanità, sulla responsabilità di un futuro dove i naufraghi vengano ancora accolti come lo fu a Malta Paolo di Tarso».
Napoli, 31 Marzo – Si è appena concluso il Convegno “Arte e dialogo nel Mediterraneo” promosso dalla Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, presso il complesso dei Gesuiti di Posillipo, sede della Sezione San Luigi.
Il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, è intervenuto in mattinata: «È un tema che mi appassiona non solo come sindaco ma come uomo del Mediterraneo – ha detto de Magistris -. La nostra città insegna che arte, cultura e dialogo sono la nostra essenza: senza non ci sarebbe Napoli, non solo la città con i suoi monumenti e la sua storia ma anche noi, come persone. Il lavoro da fare per evitare di costruire una comunità sul rancore è quello di costruire sulle persone. Forse dovremmo anche abituarci a non usare più termini come ‘immigrati’ o ‘emigrati, si tratta di persone. Se ci sono delle persone che scappano, e sono talmente disperate che, tra virgolette, sequestrano un’imbarcazione per non tornare indietro, io allora mi devo chiedere perché hanno paura di tornare indietro. E allora io il porto lo vedo come un luogo sicuro, dove la prima cosa è aprire il cuore e tendere le braccia a chi si trova in difficoltà. È questa la Napoli che può dare un messaggio forte, insieme a tutte le altre realtà del Mediterraneo, non solo le nazioni, io guardo soprattutto alle città e ai popoli: noi sindaci del Mediterraneo ci stiamo organizzando molto per andare esattamente in questa direzione che è la direzione del dialogo e dell’accoglienza». Il sindaco ha anche dato l’annuncio del «primo corteo a mare della nostra città, il 15 giugno, che attraverserà tutto lungomare, per dare il segnale che nella nostra città il mare vuole tornare ad essere azzurro e non colorato di sangue».
Il Viceprefetto Giovanna Via, in rappresentanza del Prefetto Carmela Pagano, ha sottolineato la particolare adesione all’iniziativa della Prefettura, ogni giorno chiamata ad occuparsi di molteplici «criticità che poi inevitabilmente possono determinare dei momenti di turbativa dell’ordine pubblico, violazioni dell’ordinato svolgimento della vita della comunità rispetto alle quali viene svolta un’azione di repressione. Però questa non basta, non è la risposta unica e adeguata. Per questo è importante la nostra adesione a questo evento, perché va nella direzione di voler ricercare tutto ciò che possa essere messa in campo dalla società civile e culturale per una pacifica convivenza fra popoli».
Forte apprezzamento per il convegno ha espresso anche il Provinciale dei Gesuiti per Italia, Albania, Malta e Romania padre Gianfranco Matarazzo: «Questa iniziativa si inserisce in un fermento più ampio. Quello del complesso di San Luigi, una realtà che negli anni ha saputo proseguire il proprio servizio, attraversare non pochi cambiamenti, posizionarsi con autorevolezza nel panorama formativo e accademico. Il complesso di San Luigi è un unicum nel panorama internazionale, infatti è parte costituente, con la sezione San Tommaso, dell’unica Pontifica Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e quindi collabora strutturalmente con la Chiesa di Napoli. Quattordici diocesi hanno sottoscritto una convenzione per formare il clero in questa struttura. L’annuncio della venuta di papa Francesco proprio qui a San Luigi per dare un contributo ad un convegno sempre sullo scenario del Mediterraneo, è un evento che si innesta in questo fermento. Per me la Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia si inserisce in questo scenario promettente ed il convegno di oggi, per la brillante scelta del tema, per il cantiere geo-politico che cerca di esplorare e per lo spessore dei relatori, ne esprime al meglio il cammino e il contributo di speranza che ci mette a disposizione».
Parole pienamente condivise dal Preside della Pontifica Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, don Gaetano Castello che, dopo aver portato i saluti del Gran Cancelliere della Pontificia Facoltà, il Cardinale Crescenzio Sepe, ha aggiunto: «È prezioso per noi riprendere tutta la tradizione interpretativa artistica: nel testo biblico il primo a contemplare artisticamente il mondo è proprio Dio, che dice ‘è proprio cosa buona quello che ho fatto’, come chi ha appena completato un quadro, ha dato un’ultima pennellata, e si allontana e si compiace di quello che ha fatto. L’aspetto interpretativo è per noi da stimolo ad un continuo rinnovamento per un’interpretazione contestuale che oggi dobbiamo fare riguardo al Mediterraneo».
La giornata – patrocinata dalla Conferenza Episcopale Italiana, dalla Provincia Euro Mediterranea della Compagnia di Gesù Albania-Italia-Malta-Romania, dalla Regione Campania e dal Comune di Napoli – è stata pensata anche come tappa di preparazione alla due giorni del 20 e 21 giugno, su “La teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo”, che si svolgerà sempre presso la Sezione San Luigi e si concluderà con una relazione del Santo Padre Papa Francesco.
«Un convegno quello di oggi – ha sottolineato il Decano della Facoltà, padre Pino Di Luccio – che è un’ottima preparazione all’appuntamento di giugno: la teologia del Mediterraneo è una teologia contestuale che vuole riscoprire le radici bibliche e contribuire alla costruzione di una società nella quale convivono persone che provengono da culture e persone diverse tra le quali l’arte, e in particolare l’arte religiosa, favorisce il dialogo e il confronto».
Salvatore Settis, già Direttore della Scuola Superiore Normale di Pisa, ha aperto i lavori dopo i saluti istituzionali: «L’arte e la sua storia – ha detto il Professore Settis in un passaggio della sua relazione – ci dicono chi siamo ma anche chi siamo stati e dunque chi potremo essere. Sono un’eredità naturale con una funzione altamente civile. Ed è per questo oscillare tra il livello naturale e il livello civile che sull’arte si può costruire una piattaforma di pensiero e di progetto che riguarda anche i problemi del presente, anche le speranze dell’avvenire». Da sempre il Mediterraneo, ha evidenziato Settis, non è una «barriera da fortificare, ma una strada da percorrere». Come testimoniato dai templi di Tarscen a Malta costruiti da chi, voleva probabilmente ingraziarsi le divinità del tempo, per il viaggio intrapreso. Sono ricoperti di graffiti, sono opera di migranti in viaggio. «Anche San Paolo, – ha ricordato – leggiamo negli Atti degli Apostoli, giunse a Malta, accolto benevolmente dagli abitanti. Il Mediterraneo allora non separava ma univa: Mare nostrum perché di tutti. Se mai qualcuno per assurdo avesse pensato di fermare San Paolo e San Pietro non avremmo avuto il miracolo del Cristianesimo. Ma cosa oggi si oppone oggi ad un approccio più rispettoso verso i migranti? Provo a rispondere facendo riferimento ad un’opera d’arte presente a New York, dell’autore inglese Marc Quinn: due enormi cubi trasparenti pieni di sangue umano congelati, installati davanti alla New York Public Library su Fifth Avenue. In ciascuno di questi cubi il sangue donato da 5000 essere umani: in un cubo tutti i campioni di sangue che appartengono a migranti illegali negli Stati Uniti, nell’altro quello di cittadini americani, alcuni famosi.
Ma nulla segnala ai passanti quale sia quello dei migranti e quello dei cittadini. Il titolo della nuova opera di Quinn era Odyssey, ora è cambiato in Our Blood. L’odissea dei migranti, ma anche quella del nostro genere umano, si incarna dunque nel nostro sangue. “Il punto essenziale – ha detto l’artista – è che sotto la pelle siamo tutti i quali”. L’inglese Quinn ha scelto New York per la sua installazione, ma se proviamo a riportare il suo discorso nei modesti confini italiana, vorremmo davvero proporre di invitare Quinn ad esporre la sua opera anche qui, per ricordarci che l’arte può avere anche oggi una funzione civile, anche quando ricorre alla violenza del sangue. Proporre il dialogo attraverso l’arte, ancora una volta, non vuol dire immaginare un impossibile mondo senza conflitti, ma vuol dire farci riflettere sulla natura ed estensione del conflitto, ma anche sulla possibilità di affrontarlo con piena umanità, sulla responsabilità di un futuro dove i naufraghi vengano ancora accolti come lo fu a Malta Paolo di Tarso».
In serata, dalle 20.30, presso la presso la Cappella del Tesoro di San Gennaro – Cattedrale di Santa Maria Assunta di Napoli, si svolgerà il concerto dell’Ensamble Vocale di Napoli, a cura di Vincenzo De Gregorio, Preside dell’Istituto Pontificio di Musica sacra di Roma.
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