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Le paratie colossali del Mose (progettato nel 2003, costato 6 volte di più) non ha protetto Venezia, inondata dal mare all’80% con danni valutati 1 miliardo di euro

Venezia, 16 Novembre – Le tre colossali paratie mobili che il Mose (Modello Sperimentale Elettromeccanico), iniziato nel 2003, se avessero funzionato,Venezia, sarebbe stata al sicuro dall’acqua alta eccezionale di questi giorni. Invece la conta dei danni fa paura: più di un miliardo tra chiese, commercio e trasporti spezzati dalla mareggiata. Il Ministero di beni culturali e turismo «ha attivato l’unità di crisi per la verifica e la messa in sicurezza del patrimonio culturale eventualmente danneggiato dall’eccezionale alta marea che sta colpendo Venezia». Per il Governo, Giuseppe Conte, è stato a Venezia e si è subito recato al centro operativo avanzato alla sede della polizia municipale. “Il governo si riunisce giovedì e non ci sono ragioni per non decretare lo stato di emergenza e sbloccare i primi fondi. Il governo c’è”. “Abbiamo davanti una devastazione apocalittica e totale, ma non esagero con le parole, l’80% delle città è sott’acqua, danni inimmaginabili, paurosi”, dice il Governatore del Veneto, della Lega, Luca Zaia. Venezia e il litorale sott’acqua, città vicina al collasso.

Il premier Conte: ora stato d’emergenza. Danni ingenti a Venezia, è stata allagata da 120 cm di acqua la cripta della Basilica di San Marco. La Regione formalizza la richiesta di calamità naturale al Governo. Segui qui tutti gli aggiornamenti. Al terminal automobilistico di piazzale Roma la situazione è abbastanza ordinata, e il flusso di pedoni affolla ancora il ponte di Calatrava. Una volta però che ci si avventura nel cuore del centro storico, cominciano i problemi. Approdati agli imbarcaderi, a Rialto o all’Acccademia, i passeggeri dei vaporetti e si trovano davanti al nulla: il livello eccezionale della marea odierna non ha permesso la posa delle passerelle, per cui vanno avanti solo quelli che sono forniti gli stivali, o di galosce che vengono vendute per la strada. L’acqua è potabile. L’acqua potabile di Venezia è a norma e può essere bevuta e utilizzata senza problemi. La rete dell’acquedotto è a tenuta e in pressione e non sono possibili ingressi di acqua estranea. Ancora una volta Venezia dunque è sotto l’acqua alta eccezionale e il mondo intero e i 30 milioni di turisti che la visitano ogni anno restano attoniti di fronte al disastro. L’acqua si assesta sui 150 cm. Si tratta di acqua alta eccezionale dopo che il livello ha superato i 185 cm. Sono state chiuse tutte le scuole e i vigili del fuoco hanno dovuto rispondere a 170 chiamate, molte di anziani e disabili che rischiavano di rimanere intrappolati in casa. Pellestrina, che è una delle isole davanti al mare già devastata dall’alluvione del ’66, è completamente sommersa dall’acqua.

Il Sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro è stato nominato Commissario per pagare i danni subiti dai veneziani, inizialmente 20 milioni di euro, 5 mila per le famiglie e 20 mila per i negozianti. Nell’ultimo secolo la Laguna e la sua funzionalità sono state profondamente modificate dall’azione umana, che ha contribuito, indirettamente, all’accentuazione del fenomeno come il canale dei petroli profondo 9 metri a Malamocco, bocca di porto centrale. Le altezze di marea sono inoltre soggette a variazioni in rapporto a diversi fattori metereologici: sono più elevate quando la pressione barometrica subisce un notevole abbassamento e/o in presenza di un forte vento di scirocco o di bora. Le più ampie escursioni di marea si verificano di norma nei periodo di novilunio e plenilunio (sizigie), nei periodi di primo ed ultimo quarto di luna (quadratura) è invece più difficile il verificarsi del fenomeno dell’acqua alta. In ogni caso, per essere informati bene si guardano le previsioni di marea nel sito ufficiale del Comune di Venezia. L’acqua alta è un fenomeno naturale frequente soprattutto nel periodo autunnale-primaverile, quando si combina con il vento di scirocco, che, spirando dal canale d’Otranto lungo tutta la lunghezza del bacino marino, impediscono il regolare deflusso delle acque, o di bora, che ostacolano invece localmente il deflusso delle lagune e dei fiumi del litorale veneto.

Quando insegnavo a Venezia, alcuni giorni, soprattutto di questo periodo, utilizzavo gli stivali e i trasportatori da un ponticello all’altro per andare e tornare dalle lezioni. Venezia va spesso sott’acqua in autunno e non solo perché il vento scirocco ingolfa le acque lagunari rallentandone l’uscita in mare aperto e causando la sommersione parziale di molte parti della città con Piazza San Marco: il salotto del mondo, dicevano i miei studenti veneziani dgli anni Settanta. Si precisa che la Laguna di Venezia è per estensione la seconda in Europa dopo quella di Marsiglia. Essa è estesa 50 km da nord a sud e larga mediamente 10 ed ha tre bocche di porto: Lido, Malamocco e Chioggia. Dalla bocca centrale di Malamacco con il Canale dei Petroli, profondo 9 metri, entrano ed escono le petroliere che collegano le raffinerie di Marghera all’esterno. Da Padova era prevista un’idrovia di 27 km (24 in terraferma e 3 in laguna fino al canale suddetto, idrovia ancora non completata dopo lo stop di oltre 30 anni fa). Per sensibilità ecologica, storica ed economica, ho seguito da vicino sia le vicissitudini dell’idrovia “Padova-Venezia”, oggi detta “Padova-mare”, che la più grave ed annosa vicenda del MOSE (Modello Sperimentale Elettromeccanico) che ha fatto spendere quasi 6 miliardi di euro senza risolvere, ancora, il problema dell’acqua alta veneziana. Nel 1977 insegnavo a Venezia è seguivo da vicino sia la Legge di Salvaguardia di Venezia del 1973 che il dibattito serrato tra sostenitori veneziani di varie ipotesi di salvaguardia di come spendere i molti soldi raccolti in Italia e all’estero.

Sul Mose ci sono state critiche iniziali dei verdi (guidati dalla famiglia, Boato, erano per sbloccare i 600 kmq di valli di pesca e far respirare di più il mare lagunare oltre che non emungere più acqua sulla costa mestrina) e di altri cittadini veneziani e non, che non sono state ascoltate dalle Autorità preposte poi dal Consorzio Venezia Nuova. Il Sindaco di Venezia, Cacciari, intuì l’iter strano del Mose e diede fiducia al valente Tecnico, Vincenzo Di Tella, che fece e propose un altro progetto al posto del Mose ritenuto non valido, ma, a Roma, le Autorità preposte, con il primo ministro di allora, R. Prodi, non vollero riceverlo nonostante Cacciari lo avesse indicato. Il Tecnico, V. Di Tella, con esperienza di lavoro marino internazionale, aveva studiato il Mose e aveva notato errori tecnici sostanziali, poi in collaborazione con due Ingegneri, ha scritto e pubblicato un libro in merito, che è stato criticato dalle ex Autorità preposte, che addirittura hanno esposto querela di diffamazione, ritenuta poi infondata dai magistrati. I media locali hanno riportato”Con il libro Il Mose salverà Venezia? Gli autori Vincenzo Di Tella, Gaetano Sebastiani e Paolo Vielmo portano a conoscenza dell’opinione pubblica le argomentazioni tecniche e le valutazioni specifiche che, a loro giudizio, dimostrano come nel progetto Mose basilari aspetti funzionali non siano stati risolti e come la stessa architettura di sistema sia stata impostata con soluzioni inutilmente gravose per l’ambiente e ponga problemi di sicurezza, di costi di realizzazione e manutenzione, di efficacia funzionale dovuta anche all’impossibilità di adeguarlo a mutate condizioni ambientali future”.

Sembra che anche se non funzionasse bene il Mose (che richiede 100 milioni di euro all’anno di manutenzione), non sia possibile chiedere danni ai tecnici che lo hanno proposto e redatto in quanto è sperimentale. Dunque la “cupola affaristica” (cupola, di tangenti “colossali”-20 milioni di euro accertati- tra pochi nomi eccellenti, scoperchiata dalla Magistratura, su querela di una collaboratrice del Governatore della Regione Veneto) lo aveva pensato prima il grande inganno del Mose. Fino a quando il mondo non le vedrà in azione non potrà dire nulla dicono in molti, ma Di Tella dice che non può funzionare perché non è un progetto realistico, anzi è nulla. Altri dicono che basterebbe farlo funzionare per una sola delle tre bocche di porto e poi applicarlo o non applicarlo alle altre. Di Tella dice che se va in funzione c’è il rischio che l’onda mareale può sfasciarlo con pezzi delle barriere mobili che potrebbero finire in Piazza San Marco. Venezia ha tratto e trae dall’acqua la sua ragione di essere e la sua grandezza e il suo carattere di città unica al mondo; per questo essere veneziani ha sempre significato essere partecipi di questa “acquaticità”. L’acqua alta in laguna di Venezia dipende da effetti locali interni alla Laguna, provocati dai venti, dalle piogge e, soprattutto in passato, dagli apporti di acque dolci continentali, che la Repubblica Veneta o Serenissima con il Magistrato alle Acque, seppe con equilibrio, fare, deviando fuori della laguna i fiumi al fine di preservarne l’interramento. Dunque il Mose pare che entri in funzione nel 2021, ma secondo il parere tecnico di V. Di Tella, non è idoneo e costa 100 milioni di euro annui per la manutenzione.

Ciò è stato ribadito in TV7(Gruppo TV7 che garantisce un’offerta televisiva, di oltre 10 palinsesti sulle regioni di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lazio e Lombardia orientale oltre che Trentino Alto Adige in fase di attivazione. Raggiungendo un bacino di oltre 24.000.000 telespettatori, ed un ascolto medio giornaliero di circa 450.000/500.000 contatti, posizionandosi tra le principali realtà televisive del Triveneto). Per il Tecnico, Vincenzo Di Tella, il  suo progetto, inascoltato, e che costava circa un sesto del Mose (900 milioni di euro a fronte dei quasi 6 miliardi) fu certificato da una società francese, mentre il progetto del Mose non venne certificato da nessuno. Il direttore del media TV7 è il Prof. Ermanno Chasen, che fu, a suo dire pubblico del 15 c. m., licenziato da un media trevigiano per articolo scritti contro il canale dei petroli, che alterava la geomorfologia della Laguna di Venezia. Ecco un esempio che la Stampa è l’artiglieria della libertà” come scrive un media nostrano su cui scrivo anch’io.

 

Giuseppe Pace (Perf. in Ingegneria del Territorio, Univ. di Padova)

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