Napoli, 8 Marzo – S’è avvezzi a definirla “festa”, cogliendo l’occasione per imbandire tavole, banchettare, sollazzarsi e, in diverse occasioni, inebriarsi a più non posso, arrivando ad intontirsi.
Nonostante la situazione contingente ed il significativo aumento dei contagi – che, com’è noto, ha comportato la collocazione della Campania nella fascia di rischio più elevata, la cosiddetta “zona rossa” -, le bancarelle di mimose e gadgets vari son state comunque allestite (in ottemperanza a norme e protocolli, si spera): la gente, noncurante delle disposizioni in vigore, s’è riversata per strada con l’intento di fare il pieno di “schifezzelle”, di meri simboli che, ancorché intrisi di significato sotto il profilo umano, non aiutano a comprendere appieno il senso della Giornata Internazionale della Donna.
Ci vuole anche un minimo di apprendimento e di interesse per le questioni di attualità, dal momento che la donna, seppur tutelata da una sfilza di papielli normativi dal tenore incomprensibile ai non addetti ai lavori (eccezion fatta per la Costituzione e – forse – per il “Codice Rosso”), fatica ancora a ritagliarsi quel prestigio sociale che, invece, le andrebbe riconosciuto, in piena ottemperanza a certi princìpi morali sovente disattesi.
Durante il percorso in metrò verso casa – nonostante la chiusura, la Giustizia non si ferma, in virtù della sua natura essenziale -, ho riflettuto a lungo (ed approfonditamente) riguardo agli episodi di cronaca più recenti, molti dei quali, purtroppo, sono da identificarsi in femminicidi e/o maltrattamenti perpetrati a danno del Gentil Sesso: notizie del genere son così agghiaccianti da farmi rabbrividire, vuoi per l’efferatezza che connota l’agire di chi, sentendosi “forte”, tratta la donna come poco più che un oggetto, vuoi in ragione della totale assenza di chi si dovrebbe battere strenuamente per assicurare l’effettiva eguaglianza tra i due generi.
Si tende, in sintesi, a conferire importanza a bazzecole e a far baccano, senza avere la minima idea di ciò che le donne, dopo secoli di emarginazione (specie nel contesto lavorativo), sono ancora costrette a subire: è l’ignoranza il fattore che permette ai luoghi comuni di trovar terreno fertile nel nostro Paese (e continuiamo, nonostante tutto, a definirci una “Repubblica Democratica”, uno “stato di diritto”, e via discorrendo)!
Recare un ramoscello di mimosa non è sufficiente a dimostrare alla donna quel calore che le si dovrebbe donare non solo l’otto marzo, ma per l’intera durata dell’anno: a cosa diamine serve allungare un braccio o riempire un bigliettino di menzogne?
Onoriamo e rispettiamo le nostre donne, perché hanno quel giudizio e quello spirito di unità che, a quanto pare, difetta quasi del tutto nelle menti degli uomini!
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