Giovanni Russo Spena, responsabile democrazia/diritti
Gianluca Schiavon, responsabile giustizia
Partito della Rifondazione Comunista
Interrogazione a risposta orale con carattere d’urgenza
ai sensi dell’art.151 del Regolamento
NUGNES – Al Ministro della Giustizia
Premesso che:
la Procura di Santa Maria Capua Vetere, nel Casertano, sta indagando su quanto è avvenuto nei
giorni scorsi nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere “F. Uccella”;
da quanto si è appreso da numerosi quotidiani, sembra che la vicenda oggetto di indagine abbia avuto inizio dopo che un detenuto è stato ricoverato presso la struttura ospedaliera napoletana
del Cotugno, in seguito a esito positivo del tampone per covid-19;
la notizia del ricovero in breve tempo si è diffusa in carcere e, così, la tensione è salita fino a
quando il 5 aprile è iniziata la protesta nella sezione Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere,
con una battitura e l’occupazione simbolica della sezione. A quanto risulta le proteste erano
finalizzate od ottenere un colloquio in merito alle questioni igienico-sanitarie legate all’emergenza
covid-19, ma sono rientrate nel corso della stessa serata di domenica, dopo un primo intervento
della penitenziaria;
il giorno successivo, lunedì 6 aprile, in carcere è arrivata la magistratura di sorveglianza che ha
incontrato i detenuti per i colloqui e ha constatato che gli atti di insubordinazione che si sono
verificati non hanno assunto i connotati di una vera rivolta;
secondo le testimonianze raccolte dall’associazione Antigone e dall’ufficio del garante campano,
appena la magistratura di sorveglianza ha concluso il suo lavoro si è verificata una fortissima
rappresaglia da parte della polizia penitenziaria; quasi cento poliziotti a volto coperto e in tenuta
antisommossa sono entrati in un padiglione e hanno cominciato i pestaggi all’interno delle “camere
di pernottamento”. Sembra che siano intervenuti poliziotti diversi da quelli in servizio presso
l’istituto, giacché questi hanno agito contro chi non aveva preso parte alle agitazioni del fine
settimana, e addirittura contro qualche detenuto che dopo pochi giorni sarebbe uscito dal carcere
con gli evidenti segni delle lesioni;
considerato che
in questi giorni sono stati presentati alcuni esposti alla Procura della
Repubblica (solo l’associazione Antigone ne ha già depositai tre, in diversi penitenziari del paese)
che dovrà accertare cosa è successo nel carcere casertano;
dai racconti che i detenuti hanno fatto ai loro familiari e che sono balzati sulle cronache, le azioni
della polizia si sono svolte nei modi più violenti e in spregio della dignità umana: ad alcuni detenuti
sono stati tagliati barba e capelli, altri sono stati spogliati e pestati con manganelli, pugni e calci su
tutto il corpo. Il racconto di queste torture non sembra fermarsi, perché alcuni familiari sostengono
che i pestaggi continuino anche ora. Nel corso di questa settimana, le famiglie, preoccupate per le
violenze, hanno organizzano una manifestazione pacifica nei pressi del carcere;
i fatti, così come emersi dalle molteplici segnalazioni, sono stati altresì confermati dal Garante
Regionale dei detenuti della Campania, Samuele Ciambriello;
tenuto conto altresì che
questo è il primo detenuto ammalato di Covid-19 della regione, la seconda dopo la Lombardia per
indici di sovraffollamento carcerario;
il carcere non è un luogo impermeabile: il distanziamento sociale è impraticabile, guanti e
mascherine non ci sono, in istituto entrano ed escono moltissime persone e ad oggi, i contagiati
sono circa duecentotrenta (sessanta detenuti e centosettanta poliziotti);
dal giorno successivo agli eventi di cui sopra, sono stati sospesi i colloqui, ovvero le videochiamate.
Motivo per il quale nella giornata di giovedì c’è stata una protesta all’esterno della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
anche la Camera Penale di Santa Maria Capua Vetere è intervenuta per chiedere il ripristino dei
colloqui telefonici con i detenuti, giacché la sospensione del servizio inficia, evidentemente,
l’esercizio del diritto di difesa;
la tensione, anche quella della polizia penitenziaria, si trasforma di continuo in atti di forza, che non
vorremmo diventasse una strategia di contenimento della paura o una risposta alle legittime
richieste dei detenuti. Il virus viaggia velocemente e la direzione sanitaria cerca di stargli dietro. È
tuttavia difficile contenere tali situazioni, perché i detenuti sono tanti e in alcune sezioni sono
ammassati in clamoroso sovrannumero. Oggi i contagi nel carcere di Santa Maria sono arrivati a
quattro e un intero piano di una sezione è stato isolato;
se il sistema sta svelando un’altra falla, dopo gli ospedali e le case di cura, è anche vero che esiste
una differenza tra il carcere e gli altri ambienti. Nei nosocomi e nelle RSA, finanche in alcune
fabbriche (tutto pur di non interrompere le linee di produzione) si stanno predisponendo – dopo
centinaia di morti tra pazienti, medici, infermieri e vigili del fuoco – misure di sicurezza per
arginare il contagio. Nelle carceri si guarda il sistema implodere senza prendere alcuna decisione;
l’interrogante ha già depositato in data 10 marzo 2020 un’interrogazione a questo stesso Ministro
per avere chiarimenti sulle rivolte avvenute nelle carceri di tutta Italia non appena è scoppiata
l’epidemia covid-19, chiedendo quali azioni e provvedimenti intendesse assumere per rendere
effettivamente garantito il diritto alla salute dei detenuti, giacché è palese che non è solo chiudendo ai colloqui, alle attività esterne o alle misure alternative che si può fronteggiare il rischio di epidemia in carcere;
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti di cui sopra e come intenda intervenire perché si
faccia chiarezza su quanto realmente accaduto nelle 24 ore tra domenica 5 e lunedì 6 aprile;
se il Ministro in indirizzo intenda intervenire, nei limiti delle sue competenze, affinché venga
garantita la salute e la sicurezza nelle carceri italiane, giacché gli articoli 123 e 124 del Cura Italia
non hanno modificano granché le normative esistenti e nella pratica anche quando viene concessa la detenzione domiciliare si richiede come vincolo la sorveglianza con braccialetti elettronici, la cui
disponibilità in questo momento è limitata e, con ogni probabilità, insufficiente per ridurre il
sovraffollamento;
se il Ministro voglia intervenire per indirizzare l’azione di questo governo al fine di limitare il
sovraffollamento e il conseguente pericolo dei contagi nelle carceri italiane per tutelare i detenuti e, naturalmente, anche il personale che lavora nelle carceri, poliziotti e civili, attraverso la
predisposizione obbligatoria di dei dispositivi di protezione individuali quali mascherine e
igienizzanti, la sanificazione dei locali, dei luoghi comuni, uffici, celle, mense e l’acquisto di
braccialetti elettronici al fine di far scontare la pensa residua, a chi e ha diritto, presso la propria
abitazione.
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