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Incendi, Fazzini (Team Rischio Climatico Sigea):”I 48 gradi di Siracusa rappresenterebbero record europeo. In Italia dall’inizio dell’anno bruciati ben110.000 ettari di terreno pari a 145.000 campi di calcio”

Napoli, 12 Agosto – “Il Sud d’Italia continua a bruciare non solo a causa dell’anticiclone subtropicale continentale (così si chiama correttamente) che imperversa oramai da una settimana determinando valori termici estesamente sopra i 40 gradi. A tal proposito, è in fase di eventuale  omologazione e validazione da parte della WMO – World Meteorological Organisation – il dato termometrico rilevato ieri pomeriggio nell’immediato entroterra di Siracusa – 48,8°C –  che rappresenterebbe di fatto il record europeo. 

Nel nostro Paese, dall’inizio dell’anno, sono bruciati circa 110.000 ettari di terreno, un’area grande quanto 145 mila campi da calcio: il quadruplo rispetto ai 28.479 ettari arsi, in media, ogni anno dal 2008 al 2020. Finora nella Penisola sono scoppiati oltre 400 incendi di grandi dimensioni (oltre i 30 ettari), contro una media di 224 nel periodo 2008-2020. A dare i numeri è l’European forest fire information system (Effis) della Commissione europea: rivela che l’Ue sta bruciando a un ritmo doppio rispetto agli anni scorsi e che Grecia ed Italia comandano questa drammatica classifica. Senza ricordare lo straziante bilancio degli animali selvatici che hanno perso la vita: circa 2.000.000″. Lo ha dichiarato ora Massimiliano Fazzini, Coordinatore del Team sul Rischio Cambiamento Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA), climatologo e docente dell’Università di Chieti, commentando quanto sta accadendo in queste ore in Sicilia ed in Calabria

“Tante, troppe sono le variabili ambientali che concorrono allo sviluppo dei numerosissimi roghi – dalla cattiva gestione dei campi alla decisa secchezza del sottobosco, dall’inizialmente innocuo incendio provocato dalle sterpaglie alla semplice sigaretta gettata dal finestrino per finire, primi per importanza, ai gesti delittuosi di piromani ed incendiari. Ma, tornando alle condizioni meteorologiche, quali sono i fattori che più incidono sullo sviluppo dei roghi?

Evidentemente, la relazione statistica più significativa è quella con le temperature; il coefficiente di correlazione tra temperature dell’aria maggiori di 35°C e lo sviluppo del fuoco è prossima a 0.8 su una forbice che va da 0 a 1 ma anche bassi tenori di umidita relativa – meglio se inferiori al 30% concorrono notevolmente allo sviluppo della fenomenologia.

Poi c’è il vento, dai più erroneamente individuato come il principale responsabile – ha continuato Fazzini –  ma che ricopre il ruolo di finalizzatore del processo fisico, in quanto esso, specialmente se caldo e seco ed avente velocita superiore ai 30 km/h favorisce poi in maniera esponenziale l’estensione areale dei roghi.

In tutto ciò il più grande dei problemi, per lo meno in questo periodo risulta essere la sciita stagionale – in realtà temporalmente estesa a circa due anni sul versante adriatico della penisola –  che sta sconvolgendo gli equilibri “idrologici” nelle terre emerse. Quando il fuoco trova essenze arbustive o  terreno particolarmente secco, ha vita facile nella sua propagazione  e ciò purtroppo accadrà sempre più frequentemente negli anni avvenire perché l’evidenza della spiccata irregolarità delle precipitazioni – con brevi periodi estremamente piovosi alternati a lunghi periodi siccitosi – è figlio indiscutibilmente del cambiamento climatico in atto”.

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