Voci su riorganizzazione del settore rischiano di danneggiare il mercato
Napoli, 18 Ottobre – Confapi promuove da tempo la formazione e lo sviluppo di forme di aggregazione delle piccole e medie imprese, quale strumento idoneo a renderne maggiormente competitiva ed efficiente la relativa attività imprenditoriale.
Nel novero di tali strumenti, rientra a pieno titolo quello dei Consorzi Stabili, quale forma aggregativa di tipo stabile diretta a consentire alle piccole e medie imprese, che di per sé sarebbero prive dei requisiti per concorrere a buona parte delle procedure di evidenza pubblica, di accedere a segmenti di mercato che si caratterizzano per una maggiore rilevanza, in termini economici e/o qualitativi, delle opere affidate.
Si ha tuttavia notizia del fatto che nel settore delle grandi imprese siano da ultimo emerse voci e posizioni critiche, intese a caldeggiare la riforma della disciplina dei consorzi stabili, a tal fine proponendo:
- di superare il meccanismo del cd. “cumulo alla rinfusa” dei requisiti di qualificazione, precludendo con ciò al consorzio stabile di spendere per intero la propria qualificazione acquisita per sommatoria,
- di reintrodurre a livello normativo l’obbligo di qualificazione in capo alle consorziate designate in gara, in misura senz’altro sensibile (60%),
- di eliminare la possibilità, ormai codificata dall’art. 48, comma 7 bis, del Codice dei Contratti, di sostituire per ragioni organizzative ed imprenditoriali la consorziata inizialmente designata laddove insorgano difficoltà nell’esecuzione della commessa.
Chiarito che la figura dei consorzi stabili costituisce uno strumento pro-concorrenziale di vitale importanza per la piccola e media impresa, è opportuno rimarcare come l’attuale assetto normativo dei consorzi stabili e, in particolare, gli istituti del cumulo alla rinfusa e della sostituzione della consorziata originariamente designata in gara, costituiscano le risultanze di una ormai ventennale elaborazione normativa e giurisprudenziale, nonché l’attuazione e trasposizione a livello nazionale dei fondamentali principi comunitari e costituzionali in materia di tutela della concorrenza e massima apertura del mercato degli appalti pubblici.
Degno di nota e fonte di perplessità è poi il fatto che molte grandi imprese ricorrano esse stesse, di frequente, allo strumento del consorzio stabile (associandosi a quelli esistenti, ovvero costituendone di nuovi), acquisendo importanti commesse nella veste di consorziate designate.
Talché l’animo che muove siffatte voci appare più vicino ad un cinico e non corretto opportunismo che ad una seria e lungimirante politica normativa ed imprenditoriale.
Su un piano generale, è poi da sottolineare come un incomprensibile “attacco” ad un istituto normativo di reale favore per la piccola e media impresa è senza meno ingiustificato in un contesto di perdurante crisi, nel quale peraltro si assiste al proliferare di procedure di gara (i.e. accordi – quadro) a misura delle grandi imprese ed al varo di importanti agevolazioni normative per quest’ultime (i.e. Progetto Italia).
Dunque, ove le posizioni di taluni singoli trovassero una inaspettata risonanza ed apprezzamento, si avrebbe un serio pregiudizio per l’intero mondo dell’imprenditoria edile che darebbe la stura ad un conflittualità “fratricida”, distogliendo l’attenzione dalle problematiche effettivamente rilevanti e degne di approfondimento. Ci si augura pertanto una seria ed adeguata riconsiderazione delle posizioni sopra contestate.
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