In memoria di Cosimo Cascione (1969-2024)
Napoli, 16 Dicembre – Sabato scorso, appena ho fatto rientro presso la mia dimora Romana, mi collego a Facebook: dacché quest’ultimo, com’è noto, può esser considerato a tutti gli effetti una piazza pubblica virtuale, vedo campeggiare un’immagine ritraente un volto a me non di certo nuovo: questa persona sorrideva nel posare insieme con altri autorevoli studiosi per uno scatto di rito.
Allora…ho compreso che quel post – cui la suddetta foto era allegata – era presago di una triste notizia: giammai potevo pensare, caro Cosimo, che Tu volassi via così, considerato lo spirito combattivo che Ti ha sempre contraddistinto.
Sono ancora in preda ad un pianto amaro, simile a quello in cui scoppiai quando venne a mancare il mio amato padre; e, non certamente per caso, Tu di quest’ultimo hai seguito le orme, tanto in àmbito squisitamente accademico quanto – soprattutto – per quanto concernente i più che sani valori che ambedue incarnavate, tra i quali è senz’altro annoverabile l’umiltà.
Mi tremano gli avambracci e le mani, la qual cosa mi rende faticoso scrivere: tutto quel che mi circonda, infatti, mi parla di Te, m’induce a ricordare i nostri frequenti pranzi assieme, il modo in cui m’indirizzavi quando ero un giovane goliarda, la passione da cui eri mosso tutte le volte in cui componevi uno dei Tuoi pregevoli saggi od una Tua magistrale monografia.
Sono le Tue opere – oltre a quelle di Papà, del compianto Rolf Knütel, e di tanti altri giusromanisti, molti dei quali da Te medesimo formati – a fornire la risposta più puntuale al quesito che ho voluto scegliere come titolo: l’esperienza giuridica dei Romani viene, invero, considerata…«di Serie B» da parecchi pseudo-giuristi che, in tutta onestà, non han compreso alcunché riguardo al percorso intrapreso (si pensi, a titolo esemplificativo, a chi persevera nell’esclamare, attraversando il Rettifilo, di aver sostenuto, a giurisprudenza, l’esame di «storia romana», il quale, invece, è curricolare a lettere!) ma, in realtà, è da ritenersi fondamentale per comprendere gli istituti del diritto vigente, così come i graffiti preistorici vanno studiati per capire l’arte d’epoca moderna e contemporanea.
Iersera, siccome – per ragioni ben intuibili – mi risultava pressoché impossibile serrar le palpebre, m’è sovvenuto che Tu, caro Cosimo, eri un giurista a trecentosessanta gradi: difatti, siccome avevi molto a cuore la carriera dei giovani meritevoli, nella Tua breve esistenza qui in terra Ti sei preoccupato di scrivere (insieme con le Tue allieve e mie care amiche Paola Santini e Fabiana Tuccillo, che ringrazio per la vicinanza in questo momento di sconforto) delle note molto interessanti ai Codici curati da Maurizio Santise, destinati a coloro che ambiscono ad assolvere alla missione (tanto delicata quanto onorevole) del Magistrato: ebbene, proprio attraverso tali note emerge in modo ictu oculi evidente che il nostro ordinamento giuridico – in particolare quello civile – prende le mosse da quello di Roma antica.
I brevi riferimenti al Corpus Juris Civilis di Giustiniano (composto dagli autorevoli giureconsulti illo tempore attivi, il cui capo-scuola fu Triboniano) ed alle Institutiones di Gaio consentono al giovane juris prudens (ossia, scienziato del diritto) di unire all’assimilazione dei concetti chiave il recepimento dell’iter storico, culturale e politico culminato con la codificazione dei vari istituti.
Sono Cristiano, quindi…non credo ai fantasmi; ma permettimi, amico mio, di ricorrere ad una battuta per risaltare il lavoro egregio che hai sempre svolto: se lo spirito di Manzoni dovesse accedere, di colpo, alla mia stanza per chiedermi se la Tua «fu vera gloria», io sarei pronto a rispondere in senso affermativo: hai conferito alla nostra Schola Juris un lustro che non è agevole descrivere e, parallelamente, Ti sei rivelato un amico sincero e fedele.
Grazie di cuore per tutto ciò che hai fatto per me: cercherò di mantener viva, anche con l’esempio, la Tua memoria!
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