Napoli, 4 Aprile – Tutti fuori, pubblico e giornalisti, mentre in aula vengono proiettate le immagini del corpo di Giulia Tramontano, una richiesta avanzata dal legale della famiglia della vittima. Per circa un’ora e mezza, dunque, si è svolto a porte chiuse l’esame del medico legale che ha eseguito l’autopsia sul corpo della 29enne originaria di Sant’Antimo uccisa il 27 maggio scorso mentre era al settimo mese di gravidanza.
Ad ucciderla, è stato accertato, 37enne coltellate, sferrate tutte probabilmente mentre era di spalle, così lei non si sarebbe potuta difendere, mentre il compagno Alessandro Impagnatiello la colpiva a morte. Il 30enne reo confesso era in aula, non la madre e la sorella di Giulia. Troppo pesanti le testimonianze medico-legali decisive per provare le aggravanti di crudeltà e premeditazione contestate a Impagnatiello.Â
A spiegarlo in aula, nel processo a carico di Alessandro Impagnatiello per l’omicidio della fidanzata incinta al settimo mese, è il medico legale Nicola Galante. La 29enne, come è stato sottolineato davanti alla Corte di Assise di Milano, è stata uccisa con 37 coltellate e “la morte del feto è successiva alla morte della madre, determinata da una insufficienza vascolare provocata dall’emorragia materna”. Sul corpo della donna, colpita dall’ex barman nella loro abitazione a Senago, nel Milanese, non vi erano “lesioni da difesa”.
Confermate le tracce di topicida nel fegato e nei capelli di Giulia e del feto che portava in grembo: le avrebbe assunte in misura maggiore nell’ultimo mese, secondo l’accusa era Impagnatiello a somministrarglielo di nascosto.
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