L’amore non appartiene solo a due persone che si scelgono, l’amore appartiene alle loro famiglie, ai loro amici, alle loro radici, e all’universo che li circonda.
Napoli, 25 Settembre – Desidero dedicare questo scritto ai miei genitori, non hanno mai saputo quanto mi sono mancati. Se si potesse, tornerei indietro nel tempo per recuperare del tempo da vivere con loro.
Trentatré anni orsono, una giovanissima sognatrice salutava con un sorriso smagliante amici, fratelli e genitori e saliva a bordo di una Fiat 127 color del mare e dal tettuccio stellato grazie a puntine da disegno colorate, che sostenevano la tappezzeria che aveva ceduto. L’autovettura, seppur piccola, all’interno era molto ampia e accoglieva con eleganza le ultime scatole del corredo che dovevano giungere nella nuova abitazione. Il guidatore, un bel giovane dagli occhi azzurri e dall’accento nordico, con la fede luccicante sull’anulare, salutava anch’egli la piccola folla nello spazio antistante.
“A presto! Ci vedremo presto!”, ripeteva con un sorriso rassicurante. Di sicuro non era facile neanche per lui restare impassibile di fronte a tutti quegli occhi pieni di lacrime, e a quella domanda muta dei due genitori affranti, che urlava più di una folla impazzita. “Quando ci riporterai nostra figlia?”.
Anche via Ritiro era in apprensione, nessuna della via aveva sposato un forestiero e Brescia era così lontana. Nel 1988 non esistevano i cellulari, tantomeno le videochiamate e la distanza era davvero distanza e non potevi accorciarla con nulla. I treni erano lenti come lumache, l’intercity che era più veloce, impiegava otto ore per raggiungere Milano da Napoli, dopodiché bisognava prendere la coincidenza per Brescia. I ritardi erano all’ordine del giorno e frequentemente la perdevi. L’aereo era impensabile, faceva troppa paura a chi non aveva dimestichezza con gli spostamenti. Il nord sembrava davvero irraggiungibile, soprattutto per due persone che erano uscite di casa solo per andare a Roma in viaggio di nozze.
Quel congedo sembrava lunghissimo. Il cuore della giovane sognatrice era diventato tachicardico, il rumore metallico della pesante portiera che si incastrava nei cardini, segnava la fine di quel delirio, o meglio la fine di un capitolo della vita di quella famiglia, che da quel momento in poi non sarebbe stata più la stessa.
Così, mentre l’auto si allontanava, come in un film, la folla la seguiva, la giovane contorcendo il busto, agitava la mano sorridendo. Con la coda dell’occhio vide che i suoi genitori si stavano allontanando, silenziosamente imprecò contro quelle auto parcheggiate che rallentavano l’uscita. Non vedeva l’ora di girare quell’angolo e allontanarsi dalla vista di tutti per essere finalmente libera di lasciarsi andare. La ripida discesa appena imboccata venne in aiuto, l’auto prese velocità e lei poté finalmente piangere.
Il giovane dagli occhi azzurri, prestava molta attenzione alla strada, non riusciva proprio a far sua una guida così fuori da ogni codice stradale, finalmente imboccò l’autostrada e iniziò a rilassarsi. Guardava la sua sposa con un sorriso dolce, mentre lei cercava di asciugarsi le lacrime.
Iniziò così una nuova vita per chi era rimasto, per chi era partito. L’amore accorciò le distanze e un via vai di arrivi e di partenze scandirono il tempo di quelle vite che percorrevano il loro destino.
Fu una gioia immensa dopo tantissimi anni, vedere una coppia a braccetto, col sorriso che si faceva largo tra la pelle morbida delle guance, trascinare un trolley rigorosamente agghindato col filo di lana rosa sul manico come segno di riconoscimento per paura che qualcuno potesse sottrarglielo, uscire emozionati dall’aeroporto di Verona.
Via Ritiro viveva di quei viaggi, delle storie che venivano vissute e raccontate, Brescia divenne così sempre più vicina e meno sconosciuta e via Ritiro unita da quel sentimento di fratellanza che tanto la caratterizzava, restò per sempre un’unica grande famiglia.
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