Pomigliano d’Arco, 31 Dicembre – Da più di un anno a questa parte un’insegna gialla al neon illumina i vialetti circostanti Piazza Mercato, cuore pulsante della movida pomiglianese: si tratta di Hugò, l’innovativa “drinkeria”, anzi, per usare lo stesso slogan del locale, l’ “HUBriacheria” che ormai da qualche tempo ha conquistato i giovani di Pomigliano e dei vari territori limitrofi, diventando tappa fissa per chiunque voglia bere ottimi drink in compagnia.
Il segreto di questo grande successo? Beh, direi che la ricetta è abbastanza chiara:
- cordialità e competenza di tutto lo staff;
- un locale accogliente e che strizza l’occhio all’underground e all’ hip-hop;
- drink originali ed inediti;
- un’ottima capacità di comunicazione attraverso i social net-work;
- servizio delivery;
- una manciata di orsetti gommosi Haribo immersi nei cocktail.
Tuttavia per comprendere meglio i meccanismi di questa nuova realtà vincente, il 22 Dicembre mi sono recato di persona nella sede di Hugò, e dopo una calorosa accoglienza, ho avuto modo di porre qualche domanda a Vincenzo, il giovane proprietario del locale. Ecco di seguito un resoconto dell’intervista.
Allora Vincenzo, partiamo dalle origini: Quando e come nasce Hugò?
«Hugò è un sogno che trova concretizzazione dopo anni di mia personale gavetta nel settore della ristorazione, periodo nel quale ho capito di essere pronto per aprire un’attività tutta mia, che rispecchiasse la mia creatività e la mia idea di cocktail bar. In realtà c’è anche un pizzico di fatalità, visto che prima della scoppio della pandemia stavo meditando seriamente di lasciare l’Italia e di trasferirmi stabilmente in Inghilterra, poi è arrivato Marzo 2020 e lo scenario è completamente cambiato: quindi posso tranquillamente affermare che la storia di Hugò è legata a doppio filo con la pandemia. Il nome del locale è molto semplicemente un tributo al drink Hugò, tra i miei preferiti, mentre il giallo e il nero, i colori dominanti del locale, sono per me un’accoppiata cromatica molto stilosa. Infine voglio aggiungere che senza il supporto morale ed economico di mio nonno, purtroppo venuto a mancare da poco, Hugò forse non sarebbe mai nato».
Hai detto che Hugò è in un certo modo legato alla pandemia, a tal proposito, senza quest’ultima l’idea del delivery sarebbe nata lo stesso?
«Ti rispondo ancora una volta con la massima sincerità: Non lo so. L’idea di offrire un servizio delivery per i nostri drink, anche attraverso la piattaforma Alfonsino, nasce dall’esigenza di adattare il nostro lavoro ai vari DPCM passati che impedivano l’apertura al pubblico del locale. È stata una scelta originale, coraggiosa, ma soprattutto vincente, tanto da diventare un servizio molto apprezzato dalla nostra clientela anche quando le misure governative sono diventate meno restrittive».
Restando ancora sul tema pandemia, quanto è stata dura e quanto è dura gestire un’attività di questo tipo nell’attuale situazione sanitaria critica?
«Ovviamente è difficile, anche perché questa situazione si protrae ormai da due anni, e bar e ristoranti sono comunque state le attività più duramente colpite. Tuttavia questa difficoltà va affrontata con il piglio giusto, non serve a nulla piangere sul latte versato, piuttosto è importante sapersi reinventare, essere innovativi, declinare la propria attività in base al mutare dell’attuale crisi sanitaria, riuscendo ad offrire ai clienti sempre la massima qualità. Io e tutto lo staff di Hugò rispecchiamo in pieno questi valori, a cui bisogna aggiungere un severo rispetto di ogni norma sanitaria vigente ed un senso di responsabilità ferreo, sia da parte nostra e sia da parte della nostra clientela, imprescindibile per poter uscire il prima possibile da questa delicata situazione».
Ecco, allora voltiamo pagina, e pensiamo al futuro. Come vedi il progetto Hugò tra 10 anni?
«Domanda impegnativa, anche perché 10 anni sono davvero tanti. Io posso dirti che è in cantiere un piano per l’apertura di nuove sedi, che possano garantire (quando si potrà) anche lo spazio necessario ad ospitare serate di musica live, offrendo un “palco” ai tanti talenti emergenti di cui è pieno il nostro territorio. Il nostro modello di business si ispira molto a personalità come Vincenzo Falcone (proprietario della catena di ristoranti Golociuos),e Simone Ciaruffoli (proprietario della catena di ristoranti Burgez), realtà vincenti non solo sul territorio campano, ma anche e soprattutto in ambito nazionale, ed è proprio ispirandomi a loro, che ti dico che tra 10 anni mi auguro di vedere almeno 30 locali Hugò in giro per l’Italia, e continuare a rafforzare collaborazioni e sponsorizzazioni importanti come quella attuale con Red Bull. In sintesi è questo il futuro che vedo all’orizzonte per Hugò».
Insomma da questo sunto di questa breve intervista, si può ben capire come la realtà Hugò rappresenti una ventata di novità nell’ambito dei cocktail-bar, e di come ancora una volta Pomigliano d’Arco si dimostri la città adatta ad ospitare giovani realtà imprenditoriali dal format vincente.
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“Sono laureato in Storia Contemporanea. Le mie passioni sono i libri, i viaggi, lo sport e la politica, soprattutto quella estera”.