Napoli, 12 Marzo – La Giornata Internazionale della Donna s’è celebrata quattro giorni or sono; ma ancora pochi, ciò malgrado, paiono aver compreso appieno il reale significato di questo dies memorialis: la maggior parte degli Italiani, com’è noto, crede ancora che si tratti di una “festa” in cui si regalano mimose, Bacetti Perugina e quant’altro a loro avviso necessario a lusingare il gentil sesso, e le donne stesse colgono l’occasione per far baldoria e “cofecchie” varie….
Insomma, molti vivono l’otto marzo nella piena indifferenza, talvolta ignorando totalmente i fatti occorsi in quel lontano 1911 (che, tuttavia, non sono i soli da cui la suddetta Giornata trae origine): quell’anno si rivelò fatale per circa 146 donne, balzate in aria per colpa della disumanità di diversi sciur padrun Newyorkesi che – pur di produrre e vendere – le costringevano a lavorare in un ambiente insicuro, pur sapendo alla perfezione quali fossero i rischi che le proprie dipendenti avrebbero corso nel prestare onestamente l’attività che consentiva loro di tirare avanti. Ma vi è di più!
Viaggiando assiduamente mi capita spesso di incontrare individui ancora fermi nella convinzione che esistano professioni esclusivamente muliebri e mestieri alla portata dei soli maschi: questo assunto, oltre ad essere completamente falso, è frutto di pensieri palesemente sessisti, il che è inaccettabile in uno stato sociale di diritto. L’esempio più semplice da citare a tal riguardo attiene all’ambito sportivo, dal momento che talvolta giungono al mio orecchio frasi come “il calcio è uno sport da maschi”, oppure “una femmina sportiva non può che indossare il tutù ed il body”, et cetera.
A smentire queste idee da ipocriti, carissimi Lettori, è la realtà dei fatti: nella mente di ogni appassionato di calcio, infatti, rimarrà sempre impressa quella triste sera del 12 novembre 2017, quando la Nazionale Italiana di calcio non riuscì – nonostante la buona volontà di pochi atleti di quell’Undici, affidato dalla Federcalcio alla guida di un Commissario Tecnico non all’altezza – ad imporsi sulla selezione Svedese, vincitrice dell’incontro di andata disputatosi a Stoccolma, mancando così la qualificazione al mondiale; la compagine femminile, pur non essendo seguita da milioni di spettatori, ha dimostrato di avere maggior carattere e – soprattutto – di saper giocare col cuore: non senza difficoltà, le nostre ragazze hanno centrato la qualificazione alla fase finale della coppa del mondo 2019, che sarà disputata in Francia quest’estate.
Ieri pomeriggio, prima di appisolarmi, ho avuto modo di leggere un articolo il cui autore sosteneva che la Rai avrebbe acquisito, per la prima volta nella sua storia, i diritti di esclusiva per la trasmissione in chiaro delle sfide in cui le nazionali femminili si contenderanno il tanto ambito trofeo: se ciò dovesse rivelarsi vero (manca, infatti, il comunicato ufficiale della Rai), sarebbe una gran conquista per la cultura del Paese, nonché un segnale d’indubbia crescita del football a livello globale.
In attesa dell’ufficialità, cari Lettori, non ci resta che urlare a squarciagola “Forza, Azzurre!”, traendo da ciò utili spunti di riflessione circa il ruolo pregnante della donna nella società.
Adriano Spagnuolo Vigorita
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