La cura della persona tra storia, opera e diritto
“Ah, che bel vivere
che bel piacere, che bel piacere
per un barbiere di qualità!”
Napoli, 27 Febbraio – Così il personaggio di Figaro, nella celeberrima cavatina “Largo al factotum“, tratta dal primo atto dell’opera rossiniana “Il Barbiere di Siviglia“, rende manifesto il proprio entusiasmo riguardo all’attività esercitata, in considerazione del carattere fondamentale da essa rivestito all’epoca: avere una bottega di barberia comportava una pluralità di mansioni, non certamente limitate alla tonsura di barba e capelli, la qual cosa era, indubbiamente, fonte di guadagno.
Il barbiere era anche una sorta di speziale, di paramedico: le famiglie agiate si contavano sulla punta di un’unghia, quindi, laddove sopraggiungeva un male, ci si rivolgeva, in un primo momento, proprio a lui; in verità, anche gli appartenenti alla servitù dei nobiluomini non godevano della medesima dignità dei loro signori, i quali ultimi, pur potendo sollecitare l’intervento di un medico, li sottoponevano alla cura dei barbieri.
Con l’avanzare dei secoli, la figura dell’acconciatore e quella di curatore dell’aspetto della persona si sono distinte, favorendo la nascita dei ben noti – ed assiduamente frequentati – centri estetici, che attualmente brulicano di persone: farsi belli sta divenendo un bisogno primario (destinato a prevalere addirittura sul nutrimento!), nonostante la vera nobiltà sia quella d’animo!
Anche l’estetista, al pari di un barbitonsore, è da considerarsi ora un “factotum” e, al tempo stesso, un vero artista: aggiustare una capigliatura o ricostruire unghie attenendosi fedelmente alle richieste dei clienti dà luogo ad una serie di responsabilità e, parallelamente, richiede la medesima attenzione che un pittore od uno scultore son chiamati a prestare nel realizzare le proprie opere, dal momento che va di moda portare i capelli lunghi e policromatici o le unghie colme di disegnini, Emoji, e via discorrendo.
Nei mesi precedenti il Natale, a fronte dell’incremento dei contagi da Covid, l’allora Governo, supportato dal Comitato Tecnico Scientifico, ha istituito il discutibilissimo sistema a zone (rossa, arancione e gialla) con l’intento di adottare misure specifiche a seconda del tasso di positività registrato da ogni Regione, stabilendo che nelle zone a rischio altissimo (contrassegnate dal “rosso”), i parrucchieri potevano continuare la propria attività; tuttavia, ciò è stato immotivatamente precluso ai centri estetici, adducendo a pretesto l’impossibilità di osservare il distanziamento interpersonale: questa, cari Lettori, è stata una decisione totalmente contraria ai princìpi costituzionali d’eguaglianza e di libertà d’iniziativa economica, oltre a costituire un oltraggio al prestigio di chi cura l’aspetto esteriore dei Cittadini.
Per grazia di Dio, però, viviamo pur sempre in un contesto democratico: difatti, il TAR per il Lazio (sent. 1862 del 15 febbraio u.s.), adìto dagli estetisti, ha evidenziato che il Comitato nulla ha argomentato riguardo alle conclusioni tecnico-scientifiche giustificanti il discrimen in parola, statuendo, poi, che la condotta governativa integra l’illecito dell’eccesso di potere.
Di conseguenza, i Giudici hanno intimato di disporre l’immediata riapertura dei centri estetici anche nelle aree “rosse”, giacché al loro interno vengon effettuati trattamenti da ricomprendersi nel settore “cura della persona” (la pronunzia, però, è destinata a rivelarsi una “vittoria di Pirro”, dato che quasi di sicuro sarà varato un provvedimento decretante la chiusura di parrucchieri ed estetisti laddove il rischio di diffusione di Covid e varianti risulti elevato).
Possa questa battaglia legale, conclusasi come auspicato dai titolari dei centri estetici, costituire un valido incentivo a lottare contro qualsiasi decisione contraria ai princìpi che reggono il nostro sistema: se nutrite dubbi riguardo a determinati provvedimenti delle Autorità, non indugiate a rivolgervi ad un avvocato ed a seguirne le indicazioni!
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