Palma Campania, 24 Agosto – Aprire un’attività al giorno d’oggi, richiede intraprendenza e coraggio. Per chi ne ha già una, il rischio di “abbassare la saracinesca”, è sempre molto alto. Non basta, infatti, possedere una forte ambizione al commercio, soprattutto alla luce delle tante difficoltà che stiamo attraversando. È una autentica emorragia e come tale, difficile da bloccare, gli esercizi commerciali rischiano il collasso con un crollo repentino dei consumi.
Tuttavia, lo dice la parola stessa, il commercio è vendere e comprare, una sorte di scambio, e la domanda sorge spontanea: la crisi è davvero finita? Ce lo spiega la passione impetuosa che accompagna,da 50anni, colui che ha costruito e investito il suo nome con la qualità dei suoi prodotti, esportati in qualsiasi parte del mondo. Giovanni Franzese è un imprenditore che sopravvive grazie al suo costante impegno e la capacità di non farsi condizionare dal lungo periodo di crisi, che sembra aver messo radici ovunque, facendo tremare i portafogli.
Quando nasce la sua attività?
“Nasce – ci spiega il signor Franzese – nel lontano 1981 esattamente il 19 settembre”
Che tipo di attività gestisce?
“Parliamo di un bar pasticceria, produciamo prodotti artigianali, panettoni natalizi e colombe pasquali, cioccolateria, gelato artigianale. Il cavallo di battaglia è il semifreddo a tre cioccolato, mio figlio ha seguito un corso di semifreddi e portò questa gustosissima novità. Anche la Cheesecake con i frutti di bosco ha successo come l’immancabile presenza del babà rinnovellando leggermente il rum, davvero irresistibile!”.
Sentiamo dire spesso: il trucco c’è ma non si vede. Se la sente di confessarci quale è il suo?
“Il trucco è semplicemente non superare mai le quantità di farina e di zucchero, tutto dev’essere seguito per criterio. Un altro detto importante e che non mente è: il famigerato “e fierr fann o mast” i ferri del mestiere ti creano”.
Ci può segnalare un attrezzo a caso e il suo uso?
“L’abbattitore è uno strumento essenziale per quest’attività. Un semifreddo passato nell’abbattitore rimane intatto nel sapore senza perderne il gusto. C’è un programma settimanale che seguiamo, il lunedì prepariamo le sfogliate, il martedì i cornetti e via discorrendo…”.
La crisi che si respira ancora nell’aria, sembra non voler abbandonare del tutto le nostre tasche. Ci può spiegare la differenza tra anni d’oro, rispetto ad oggi?
“È cambiata la mentalità, le abitudini. Il consumo era superiore, oggi parliamo di sovraffollamento delle attività. Ricordo con piacere che le grandi famiglie organizzavano i ricevimenti in casa e noi lavoravamo tanto, addirittura organizzavamo 10 comunioni in una sola domenica. Il lavoro, dunque, si sviluppava tra le mura domestiche. Fino al 2005, mi posso vantare di aver provveduto a grandi feste, 100 feste all’anno. Fornivamo la Fiat a Pomigliano d’Arco, il nostro fatturato oscillava a 80/90 milioni a l’anno. Oggi le cose sono cambiate, la concorrenza è aumentata, anche se è fondamentale guardare solo alla qualità del proprio lavoro. Dagli anni ’80 al 2000 siamo andati alla grande, non ci siamo risparmiati in niente. La domenica venivano numerose famiglie a comprare un vassoio anche di 15 pezzi. Oggi la stessa famiglia, composta da 4 membri, comprano al massimo 4 pezzi”.
E’ cambiato qualcosa nella produzione e nella qualità, insomma si risparmia per rientrare nelle spese?
“In realtà non abbiamo cambiato nulla, anzi, cerchiamo sempre di migliorare costantemente con la qualità, perché a mio avviso è l’unica arma vincente”.
Possiamo sapere un prodotto da lei usato per i dolci?
“Faccio arrivare la ricotta direttamente dalla Sicilia e vi dirò di più, grazie al suo uso, ho incrementato 10 volte rispetto a prima. Ho una richiesta di cannoli, cassate triplicate, ecco il trucco del buon investimento. Il cliente ritorna se trova prodotti originali con una prerogativa unica in questa zona. Un altro pezzo importante è la farina. Della Giovanna, Pedra, sono farine per ogni dolce particolare. A Natale usiamo prodotti agrimontana, i famosi canditi, dei cubetti che si sciolgono in bocca”.
Ha qualche rimpianto? Si pente di aver fatto questo mestiere?
“No, adoro il mio lavoro, non mi pesa stare sveglio dalle 3,30 del mattino. Ciò che è realmente pesante è, quando mi accorgo che non arrivo con le spese, forse l’unico rimpianto di non aver imparato ad usare i social, prima non avevo bisogno di popolarità, adesso visto che la concorrenza è tanta, vorrei pubblicizzare il nostro prodotto come merita, perchè ripeto la qualità non è da tutti. I social confondono le idee, le persone cercano le peculiarità del momento e senza preavviso, si recano dove manca la cognizione dei requisiti. Oggi affronto le cose diversamente, i miei figli lavorano in laboratorio, insieme al pasticcere. Cerco ripetutamente fargli capire che devono essere padroni del loro lavoro. Ho lavorato come dipendente per dieci anni, quando non mi stava bene, stringevo la mano e andavo via, senza lasciare rogne. Facevo il barman, sono stato il più giovane caposervizio”.
Quanti dipendenti sostiene?
“Ho nove dipendenti. Se è difficile guidarli? Un po si. Sono del parere che il personale va trattato bene, è il cuore dell’attività e va salvaguardato ma nello stesso tempo pretendo un pò di impegno in più”.
Con quale frequenza dev’essere ristrutturato un locale commerciale? Perché, a quanto sembra, anche l’occhio vuole la sua parte…
“Di regola ogni 10 anni, ma oggi questi investimenti non si possono fare più come un tempo. Quando li ho fatti in passato, ci credevo pienamente, a dire il vero oggi non disporrei nemmeno della quinta parte che ho speso negli anni d’oro… Anche a me piace cambiare, ti stanchi di guardare sempre lo stesso colore, la stessa disposizione”.
C’è qualcuno, in particolare, che la gratifica in complimenti dell’ottimo prodotto degustato?
“I complimenti più gratificanti sono quelli dei clienti che arrivano da fuori, ritornano con piacere, e portano a casa anche grosse quantità”.
Cosa ricorda dei primi anni, quando ha iniziato a respirare questo ambiente?
“Ricordo come fosse ieri, dopo l’alberghiero, ho lavorato per 10 anni fuori. 18 mesi a Londra, 5 mesi in Germania, quasi 5 a Santa Margherita Ligure, dove facevo gli extra, cioè andavo a lavorare anche al nord del paese in un ristorante di nome “La Brace” il sabato e la domenica. Guadagnavo molto di più, ricordo, ancora Bormi 4 mesi, 3 mesi a Parma, Piacenza, 4 mesi a Palinuro, 8 mesi a Courmayeur in Val da Osta. Mi piaceva anche mangiare bene. Il mio piatto preferito erano le linguine al cartoccio, con scampi vivi, passati al momento nel forno della pizza, una delizia!. Una bella gavetta, come si dice dalle nostre parti, ricordo mio padre, iniziava a dirmi: adesso non ti sembra abbastanza? Scendi e apri qui un’attività. A quei tempi l’opinione dei genitori contava, tanto che lo ascoltai. Mia moglie al timone dal primo momento, una grande donna, lavoriamo tuttora con sacrificio, insieme ai nostri tre figli, che ci aiutano volentieri: Davide, Ciro e Francesco”.
Una domanda, a questo punto, nasce spontanea per la moglie Lucia. Quanti sacrifici bisogna affrontare, essendo donna, moglie e madre di tre figli, come conciliano le cose?
“Quando abbiamo iniziato sapevo a cosa andavo incontro, mi sono tirata su le maniche e insieme abbiamo guidato la nave – ci racconta con orgoglio la signora Lucia. – Organizzarsi con casa, tre figli e la pasticceria non è tuttora facile, ma ho abbracciato il sacrificio perché senza, le cose belle non arrivano. Godo dell’amore familiare e se dovessi scegliere, farei tutto quello che ho già fatto, con orgoglio e fiducia, perché la vera forza è essere uniti”.
Signor Franzese quale è il suo dolce preferito?
Rapito dalla domanda, risponde, sorridendo, “tutti!”.
“Posso lanciare un appello alle istituzioni? Ci chiede Franzese. “Con i continui controlli, l’Hccp, le visite del personale, l’economia non regge al 100%, non si cresce anche per la presenza del terzo stato”.
Consiglia questo tipo di attività ai ragazzi che escono dall’alberghiero?
“Lo consiglio se si possiede grande spirito di sacrificio. Da Roma in sù, un’attività del genere frutterebbe molto di più”.
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