Nell’anno della pandemia le chiamate al 1522 sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019; ancora basso il numero delle violenze denunciate.
Napoli, 28 Maggio- Figlie, madri, compagne, mogli, donne, sono loro le protagoniste di racconti di cronaca nazionale e internazionale, di episodi che leggiamo spiacevolmente e con cadenza regolare, i moderni romanzi di appendice intramontabili, che non passano mai di moda. E i titoli che leggiamo sono esplicativi e non hanno bisogno di commento: Palpeggia una donna durante la visita, cardiologo di Giarre ai domiciliari; Genova, marito violento finisce ai domiciliari ma l’incubo continua; Bari, ferisce la moglie a colpi di forbice davanti al figlio: arrestato quarantanovenne pregiudicato; cinque anni di botte e insulti alla moglie, arrestato un uomo a Sesto San Giovanni; Torino, picchia la compagna incinta con una pentola: arrestato; Calci e pugni alla compagna, la donna abortisce: arrestato 37enne nel bergamasco.
Il Ministero della Salute definisce la violenza contro le donne un problema di sanità pubblica oltre che una violazione dei diritti umani. La violenza ha effetti negativi a breve e lungo termine sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva della vittima: la porta ad isolarsi, ad essere incapace di lavorare, di prendersi cura di sé e dei propri figli.
La violenza di genere è un fenomeno strutturale e diffuso, ma ancora in gran parte sommerso. Secondo l’Istat, solo il 12% delle violenze è denunciato. Anche per questo motivo nel 2017 in Italia è stata istituita una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere con l’obiettivo di studiare i meccanismi che legittimano e alimentano la violenza sulle donne e di elaborare strategie e politiche per contrastarla.
Secondo quando emerso dagli studi della commissione il tema della formazione è un tema strategico per contrastare il fenomeno della violenza di genere a partire dalle sue radici, radici che affondano nella scuola, nella formazione di figure professionali come le Forze dell’ordine, che hanno a che fare con questi temi e sono una chiave strategica per il riconoscimento e l’intervento sulla violenza e nei mezzi di informazione (giornali, televisioni e social media).
Partendo dalla scuola, il punto principale si sostanzia nel fatto che la violenza nei confronti delle donne ha origini culturali: per questo è necessario un intervento sui nostri giovani che consenta di strutturare percorsi di formazione sulla differenza di genere, sulla parità e sul rispetto reciproco.
Un aspetto da non sottovalutare riguarda la narrazione della violenza. La rappresentazione della violenza sulle donne in televisione e sui social network è un forte strumento di trasmissione di cultura e di valori che ha un grande impatto nell’elaborazione di strategie condivise per il contrasto alla violenza di genere e a una corretta informazione. Uno dei rischi da tenere in considerazione e cercare di minimizzare è la spettacolarizzazione dei fatti narrati. La trattazione giornalistica è quella che non nasconde i fatti né indugia nella descrizione. Il rispetto deve andare alle vittime, qualunque sia il loro genere: alle donne vittima di femminicidio ma anche alle persone oggetto di qualunque altra forma di abuso.
Secondo dati dell’Istat il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila). Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Le donne subiscono minacce (12,3%), sono spintonate o strattonate (11,5%), sono oggetto di schiaffi, calci, pugni e morsi (7,3%). Altre volte sono colpite con oggetti che possono fare male (6,1%). Meno frequenti le forme più gravi come il tentato strangolamento, l’ustione, il soffocamento e la minaccia o l’uso di armi. Tra le donne che hanno subìto violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, cioè l’essere toccate o abbracciate o baciate contro la propria volontà (15,6%), i rapporti indesiderati vissuti come violenze (4,7%), gli stupri (3%) e i tentati stupri (3,5%).
Oltre alla violenza fisica o sessuale le donne con un partner subiscono anche violenza psicologica ed economica, cioè comportamenti di umiliazione, svalorizzazione, controllo ed intimidazione, nonché di privazione o limitazione nell’accesso alle proprie disponibilità economiche o della famiglia.
Una percentuale non trascurabile di donne ha subito anche atti persecutori (stalking). Si stima che il 21,5% delle donne fra i 16 e i 70 anni (pari a 2 milioni 151 mila) abbia subito comportamenti persecutori da parte di un ex partner nell’arco della propria vita.
Il lockdown e le restrizioni da Covid-19 hanno inciso sui numeri di violenze subite: nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking (promosso e gestito dal Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio) sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%). Il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo, con picchi ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 rispetto a maggio 2019). Ma anche novembre, mese della sensibilizzazione contro la violenza verso le donne, ha avuto un ruolo cruciale: nella settimana tra il 23 e il 29 novembre del 2020 – riporta l’Istat –, le chiamate sono più che raddoppiate (+114,1% rispetto al 2019).
La violenza segnalata quando si chiama il 1522 è soprattutto fisica (47,9% dei casi), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza e tra queste emerge quella psicologica (50,5%).
Riguardo agli autori, aumentano le violenze da parte dei familiari (18,5% nel 2020 contro il 12,6% nel 2019) mentre sono stabili le violenze dai partner attuali (57,1% nel 2020).
Notizie positive risultano dal rapporto di Action Aid “Tra retorica e realtà. Dati e proposte sul sistema antiviolenza in Italia”, che fa emergere l’ennesimo atto di resilienza dei centri antiviolenza e case di rifugio durante gli anni di pandemia. Più nello specifico i centri antiviolenza e le case di rifugio, consapevoli del serio rischio di isolamento a cui le donne confinate in casa con partner violenti potevano andare incontro, hanno attivato in tempi rapidi strategie e strumenti di mitigazione per continuare a supportare le donne. L’accesso ai centri è stato drasticamente ridotto e, nell’89% dei casi, il personale ha lavorato a distanza. Telefono, posta elettronica, social network e software per videochiamate sono stati gli strumenti principali di comunicazione con le donne. È stata osservata una maggiore richiesta di ascolto empatico e supporto (55%), di consulenza psicologica (29%) e legale (18%), nonché di sostegno economico (11%). Particolarmente problematica è risultata essere l’ospitalità in emergenza che permettesse di garantire la salute delle donne già prese in carico e delle operatrici di accoglienza, assicurando al contempo il necessario distanziamento sociale nelle strutture alloggiative. A tal proposito, la maggioranza dei centri (80%) che ha accolto nuove donne durante il lockdown ha utilizzato procedure diversificate, tra cui, ospitalità temporanea in alberghi, bed&breakfast e appartamenti; ricorso a strutture di accoglienza in emergenza o di sorveglianza sanitaria; supporto a distanza propedeutico all’accoglienza in una struttura protetta. Attraverso il Fondo #Closed4women, ActionAid è stato in grado di supportare in tempi rapidi 24 enti e 189 donne con circa 100 figli/e a carico in 8 regioni (Lombardia, Veneto, Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia).
Il Dipartimento per le Pari Opportunità con l’obiettivo di contrastare il fenomeno della violenza inter ed extra familiare a danno delle donne, ha istituito un numero gratuito di pubblica utilità, il 1522, che fornisce una prima risposta ai bisogni delle vittime di violenza di genere e stalking, offrendo informazioni utili e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti sul territorio italiano. Il quadro normativo vigente fa invece riferimento alla Convenzione di Istambul del 2011 che porta avanti:
- Il dovere di promuovere iniziative finalizzate alla prevenzione della violenza;
- La necessità di fornire supporto e protezione alla vittima;
- l’obbligo di predisporre nei singoli Stati misure legislative in ambito civile, penale e amministrativo tali da costituire efficace risposta alla vittima richiedente la tutela;
- l dovere di cooperazione internazionale in ogni ambito giuridico al fine di realizzare gli obiettivi di protezione delle vittime e di efficacia dell’azione investigativa/giudiziaria.
In Italia, in attuazione della Convenzione di Istambul, nel 2013 è stata approvata quella che i mezzi d’informazione chiamano “legge sul femminicidio”. Con questa legge è stato modificato il quadro normativo, con interventi sulle singole fattispecie di reato, con l’introduzione di nuove aggravanti e con la previsione di nuove misure coercitive per l’aggressore. Infine, sono state concepite alcune norme per l’assistenza e la protezione delle vittime della violenza di genere. La legge prevede inoltre la possibilità per la polizia di disporre, con l’autorizzazione del magistrato, l’allontanamento da casa dell’aggressore con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, qualora sussistano timori di reiterazione del reato e di pericolo per le persone offese. La Legge 19 luglio 2019, n. 69 , conosciuta come Codice Rosso ha introdotto modifiche al codice penale. Al suo interno vi ritroviamo anche disposizioni in relazione al Revenge porn e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. È espressamente fatta nota che chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro danno.
La stessa legge disciplina la pena in relazione alla deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso. E qui il riferimento va a donne come Gessica Notaro, aggredita sotto casa dall’ex fidanzato, Lucia Annibali, aggredita sul pianerottolo di casa da un uomo incappucciato che le getta addosso dell’acido solforico, Domenica Foti, aggredita e sfregiata con l’acido dal marito, Maria Chiara Tonelli, Lucia Cainelli.
Le aggressioni continuano a provocare vittime, donne, ragazze, talvolta bambine che non riescono a salvarsi: Lorena Quaranta, brillante studentessa in Medicina e Chirurgia, strangolata dal fidanzato nel marzo 2020, Sharon Barni, vittima di violenze e maltrattamenti dal compagno della madre, Roberta Siragusa, 17 anni cosparsa di liquido infiammabile, Tiziana Gentile, Teodora Casasanta, Sonia Di Maggio, aggredita e uccisa dall’ex fidanzato, Piera Napoli, vittima di violenze del marito, Deborah Saltori, ammazzata con un colpo d’accetta dall’ex-marito. Sono solamente alcuni dei nomi di donne vittima di violenza solamente negli ultimi mesi del 2021.
Casi di discriminazione di genere non risparmiano nemmeno le donne che sotto i riflettori ci vivono. È il caso di pochi giorni fa che riguarda l’attrice dei The Jackal Aurora Leone, che, alla vigilia della Partita del Cuore 2021, avrebbe subito intimazioni da parte del direttore generale della Nazionale italiana cantanti Gianluca Pecchini, di abbandonare il tavolo della cena perché, a quanto riferisce la Leone, era riservato ai soli giocatori uomini.
Lo stesso direttore generale ha poi successivamente affermato: “Siamo profondamente addolorati di questo grande equivoco in quanto in 40 anni non ci siamo mai trovati a dover gestire una simile situazione. Per tutte queste motivazioni, io, Gianluca Pecchini, dirigente della Nic, mi assumo la responsabilità di quello che è accaduto dimettendomi dal mio incarico in attesa di parlare personalmente con Aurora Leone”.
È chiaro che un episodio del genere, qualora comprovato nella sua veridicità, non possa essere superato adducendo il problema ad un semplice equivoco. Il polverone alzato da fatti del genere può, se proprio vogliamo trovarvi un risvolto positivo, essere preso ad esempio per tutte le donne vittime di discriminazione o qualsiasi tipo di violenza, di denunciare, di non piegarsi davanti ad episodi spiacevoli ma di trovare la forza per chiedere aiuto e ripartire.
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