Napoli 2 Agosto – Il disegno di legge Zan (Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità) non ha sicuramente bisogno di presentazioni, nell’ultimo anno ha riscosso una notorietà tale da potersi definire star dei rotocalchi. Dopo aver incassato il primo via libera dalla Camera il 4 novembre del 2020, è impantanato al Senato e, in seguito alla seduta del 20 luglio scorso il suo destino sembra essere quello di trascinarsi al confronto di ritorno dalle vacanze estive. Ebbene sì, nessun punto d’incontro, nessuna mediazione, anzi, alle 12 del 20 luglio, allo scadere del tempo previsto per presentare modifiche al testo di legge, più di mille sono stati gli emendamenti presentati: 672 da parte della Lega, di cui 20 solo dal Senatore Calderoli, 4 richieste di modifica da parte di Italia Viva, Forza Italia ne presenta 134 mentre Fratelli d’Italia 127. La senatrice Udc, Paola Binetti da sola chiede un’ottantina di modifiche.
Facciamo un passo indietro.
I punti cardine del provvedimento riguardano:
- L’omofobia è un reato penale: il Ddl modifica la cosiddetta Legge Mancino (“Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”) e, quindi, l’articolo 604 bis del codice penale, aggiungendo tra i reati di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, punibili con la detenzione, anche gli atti di violenza o incitamento alla violenza e alla discriminazione «fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità»;
- Sono punite le discriminazioni anche contro i disabili;
- il reato di omofobia è punito, come gli altri reati di discriminazione, in base all’articolo 604 bis del codice penale, con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro per chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere e sulla disabilità. Tutelate anche le vittime di un reato di discriminazione durante il processo;
- il 17 maggio viene istituita la giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia;
- previste iniziative di sensibilizzazione nelle scuole di ogni ordine e grado a questo tipo di discriminazioni e altresì previsto lo stanziamento di fondi da destinare ai centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere;
- clausola ‘salva idee’: è una modifica al testo fatta durante l’esame in Aula alla Camera, mediazione per rispondere alle molte critiche sollevate non solo dalle opposizioni ma anche dalla sfera cattolica. In sostanza, viene garantito e tutelato il pluralismo delle idee e la libertà delle scelte. Il testo recita: «Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti».
- Nell’Art 1 viene esplicitato cosa si intende per sesso, per genere, per orientamento sessuale e per identità di genere, quest’ultima definita come: “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”.
Alla Camera hanno votato a favore del disegno di legge il Pd, il M5S, Italia Viva, Liberi e Uguali, mentre Forza Italia, Fratelli d’Italia, e Lega hanno votato contro; al Senato, i voti favorevoli al testo del Ddl Zan così com’è, senza modifiche, oscillano tra i 130 e 145 sì e si tratta dei 75 senatori del M5S, 38 del Pd, un paio delle Autonomie, 6 senatori di Liberi e Uguali, e una decina di senatori del gruppo Misto. I voti contrari riguardano i 51 senatori di Forza Italia, 20 di Fratelli d’Italia, 64 della Lega, 7 di IDeA, a cui vanno aggiunti altri voti dal Misto per un totale che oscilla da un minimo di 145 voti a un massimo di 155-158 no. Determinante il voto dei 17 senatori di Italia Viva, partito che alla Camera ha votato a favore ma che al Senato chiede modifiche al testo.
Dalla seduta del Senato del 20 luglio scorso emergono tante perplessità: c’è chi, come la senatrice Toffanin di Forza Italia, sostiene che una legge vada fatta bene, “tenendo conto delle conseguenze che può avere a 360 gradi, non adducendo ad ambiguità che delegherebbero ai giudici non l’applicazione della legge, ma la sua interpretazione. Quando, all’articolo 4, si parla di libertà di espressione, «purché non idonea a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti», chi deciderà l’entità di questo concreto pericolo? Chi determinerà l’ambito in cui l’opinione diventa minaccia e odio o quello in cui l’opinione resta espressione di un punto di vista?”; e chi, come la senatrice Santanchè, definisce la proposta di legge come schiava del politically correct, del “dobbiamo diventare tutti esseri fluidi”, del “non è possibile pensarla in maniera diversa”, introducendo una fattispecie di reato, il reato di opinione.
Chi invece, come il senatore Verducci del PD, approva una legge che “amplia le tutele perché quelle che finora esistono nel nostro ordinamento non bastano e vanno nominate e riconosciute le differenze, anche quelle nuove, e vanno tutelate e questo è quello che stiamo facendo con questa legge, nel pieno solco dell’articolo cardine della nostra Costituzione, l’articolo 3 sull’uguaglianza. Dal 2013 sono 1.294 le vittime di episodi di omofobia, 186 nell’ultimo anno. Il mese di giugno 2021, appena trascorso, è stato il più omofobo di sempre: 19 episodi, per un totale di 30 vittime, una al giorno, aggressioni a singole persone, a gruppi, a coppie, come quella denunciata ieri da due ragazze, Francesca e Martina, aggredite in spiaggia. Giugno è il mese dei Pride e molti di questi episodi sono avvenuti contro persone che andavano o tornavano dalle manifestazioni. È inoltre sempre più preoccupante che queste aggressioni vigliacche colpiscano vittime sempre più giovani, in alcuni casi adolescenti di dodici o tredici anni, violenze e istigazioni all’odio che in alcuni casi hanno portato al suicidio: è il caso di due ragazzi giovanissimi di diciotto e tredici anni di qualche settimana fa”.
Il Vaticano, d’al canto suo, ha attivato i propri canali diplomatici per chiedere al governo italiano di modificare il testo di legge che viola in alcuni contenuti, l’accordo di revisione del Concordato tra Stato e Chiesa. Le preoccupazioni della Santa Sede riguardano contenuti della proposta legislativa in esame che riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato. Questi commi sono proprio quelli che da un lato assicurano alla Chiesa «libertà di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale» (è il comma 1); e, dall’altro garantiscono «ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (il comma 2).
La Santa Sede fa sapere che, sebbene concorde nella posizione che la legge debba tutelare la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani, la formula di linguaggio utilizzata all’interno del Ddl Zan non è sufficientemente equilibrata per difendere i diritti di tutti gli altri. Per fare un esempio concreto, l’Art. 4 recita: “Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. A detta del Vaticano la vaghezza dello scritto costituisce un grave rischio che possa essere interpretato in modi che determinino una discriminazione ingiusta contro molti che hanno un sentimento diverso sull’argomento. La vaghezza lascia troppa discrezione ai giudici, con il rischio che un giudice non garantisca protezione per il legittimo pluralismo nella società. In pratica, un giudice potrà condannare un capo religioso per aver esternato convincimenti basati sulla religione in merito alla condotta omosessuale o per essersi rifiutato di celebrare un matrimonio tra persone dello stesso sesso, qualora il giudice riterrà che tale condotta sia idonea a determinare il pericolo del compimento di un eventuale atto discriminatorio — anche uno non meglio specificato dalla legge.
Similmente, un giudice potrà condannare un genitore che si opponesse alla partecipazione del figlio minore a uno dei programmi specifici sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere che saranno creati per disposizione degli Articoli 7 e 8 del DDL Zan. Tutto ciò, a quanto sostiene la componente ecclesiastica, è in violazione anche del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (Articolo 18, punto 4) che impegna gli Stati “a rispettare la libertà dei genitori […] di curare l’educazione religiosa e morale dei figli in conformità alle proprie convinzioni”, del Protocollo addizionale della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (Articolo 2) che riporta che gli Stati firmatari “hanno convenuto” che “Lo Stato […] deve rispettare il diritto dei genitori di [educare e istruire i propri figli] secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”, e della Convenzione sui diritti dell’infanzia (Articolo 14) che dice: “Gli Stati parti rispettano il diritto e il dovere dei genitori […] di guidare il fanciullo nell’esercizio del [suo diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione] in maniera che corrisponda allo sviluppo delle sue capacità”.
Il Decreto-legge crea dibattito e discussione attiva anche tra la popolazione. Secondo un sondaggio condotto dall’istituto di ricerca Demos & Pi, nel mese di luglio 2021 il 62% degli italiani si ritiene favorevole al Ddl Zan mentre l’orientamento opposto, nel segno del rifiuto e dell’opposizione, è espresso dal 24% degli italiani. La differenza generazionale sottolinea un’adesione maggiore tra i più giovani: in particolare si dicono favorevoli il 77% delle persone al di sotto dei 30 anni. La fascia di età che ottiene meno consenso è quella degli ultrasessantenni, con un’adesione del 54%. Influenti anche le convinzioni religiose segnalate in base alla frequenza alla messa: fra coloro che dichiarano una pratica più assidua, il Ddl Zan risulta meno condiviso (45%). Tra i saltuari (coloro che si recano a messa circa una volta al mese o quasi mai), l’appoggio al disegno legge è al 68%, insieme al 67% dei non praticanti. Il consenso tra gli elettori dei principali partiti vede, nel mese di luglio, l’81% degli elettori del Pd e del M5S favorevoli, di contro al 51% della Lega, il 49% di Forza Italia e il 44% di Fratelli d’Italia.
In vista di decisioni da prendere sul futuro del disegno di legge Zan, ho avuto il piacere di rivolgere alcune domande al Senatore Vincenzo Carbone, membro da luglio 2020 del gruppo Italia Viva- P.S.I., vicepresidente della 11ª Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale).
Il Ddl Zan per la “prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, e sulla disabilità”, è una legge di cui tutti conosciamo le finalità, quasi le approviamo. Ma le critiche più frequenti si appuntano su tre articoli in particolare: l’1, il 7 e l’articolo 4. La maggior parte delle proposte alternative al Ddl Zan, compresi gli emendamenti dei renziani, si concentrano su questi tre articoli per sopprimerli o per riformularli. Qual è, Senatore Carbone, il punto di vista di Italia Viva?
“Fino alla settimana scorsa abbiamo provato in tutti i modi a far ragionare le altre forze politiche ma la volontà di muro contro muro del Pd e dei Cinque Stelle è tuttora incomprensibile. C’è solo voglia di trasformare una battaglia legittima in pura ideologia. E a questo punto credo anche di affossare questo provvedimento.
Al Ddl Zan non è mai mancato un voto favorevole di Italia Viva; siamo stati decisivi in ogni passaggio della legge in Senato, sin dalla richiesta di calendarizzazione in aula. Abbiamo portato avanti una strategia positiva e condivisa che è stata sempre quella della mediazione per portare a casa la legge in tempi brevi. Chi la affossa è chi, ancora oggi, lavora sottobanco per far naufragare la legge che difficilmente potrà tornare in aula prima della pausa estiva così come aveva chiesto, anche ieri, Italia Viva durante l’ultima conferenza dei capigruppo del Senato”.
Quali, nello specifico, gli emendamenti proposti dal suo partito Itali Viva?
“L’ultima delle tante mediazioni fatte da Italia Viva per approvare velocemente il Ddl Zan al Senato e poi alla Camera ha posto come finalità quella di perseguire tutte le condotte discriminatorie fondate su misoginia, abilismo (quelle contro i disabili) e omotransfobia, per garantire la tutela di tutti senza alcuna esclusione. Gli altri emendamenti (art. 7) chiedevano di aggiungere il rispetto “della piena autonomia e la cosiddetta ‘clausola salva-idee’ e la modifica intera inserendo “Ai fini della presente legge è fatta salva qualunque forma di manifestazione del pensiero che non configuri istigazione al compimento di atti discriminatori o violenti” all’art. 4″.
Scuola. L’obbligo vaccinale per i docenti arriva in Consiglio dei ministri. Una decisione importante, alla luce dell’apertura dell’anno scolastico in presenza. Ma la maggioranza si spacca tra il Pd favorevole e la Lega che si oppone. Certamente sarà necessario riaprire la scuola in presenza garantendo le condizioni di sicurezza per alunni e corpo docente. Cosa ne pensa? Quali sono le valutazioni del suo schieramento politico su tale delicata questione?
“Per quanto riguarda gli insegnanti e il personale scolastico, come per gli operatori sociosanitari, sarebbe opportuno prevedere l’obbligo di vaccinazione. La scuola deve ripartire in sicurezza, non possiamo ripartire con Dad, distanziamenti e mascherine. Dobbiamo fare l’impossibile per garantire per settembre il ritorno a scuola in presenza. Non mi sembra che centri nulla la libertà personale, quando si lede con i comportamenti la libertà altrui. Chi non vuole vaccinarsi è libero di farlo. Ma rischia di tagliarsi fuori dalla comunità. La didattica a distanza e integrata ha prodotto tanti disagi, sia psichici che fisici, disturbi alimentari, incremento di attacchi di ansia e paura, disuguaglianze sociali e lacune didattiche nei nostri ragazzi. Dobbiamo evitare che si possa ripetere tutto questo e lavorare in parlamento affinché, priorità come scuola e sanità, siano alla base di un futuro solido e sereno per il nostro paese”.
Green Pass. Dal 6 agosto per prendere parte a qualsiasi evento al chiuso o per sedersi ai tavoli (al chiuso) di bar e ristoranti è obbligatorio esibire il pass. Ancora non previsto su treni o trasporti locali. Sembra, questa, essere la direzione obbligatoria, spiraglio di un ritorno alla vita normale. Ma è anche una soluzione che mette alla gogna chi, il vaccino, non sembra deciso a farlo. Cosa pensa della decisione del governo di estendere l’obbligo del certificato verde?
“Sinceramente penso che il green pass sia uno strumento di libertà, che serve ad evitare l’obbligo vaccinale, non capisco chi manifesta perplessità contro una modalità che rende liberi. Il Paese, le famiglie, le imprese non possono permettersi altre chiusure, non possiamo far dilagare la variante Delta, bisogna raggiungere l’immunità di gregge in vista dell’autunno”.
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