Politica

Dal consenso al Governo, Architettura di un successo

Napoli, 23 ottobre – Ieri 22 ottobre 2022 il giuramento, ed oggi il passaggio di consegne tra il premier uscente, Mario Draghi, e quello entrante, Giorgia Meloni, la donna dei record come è già soprannominata. E la campanella è stato il sigillo di un patto tra i due.

Due cerimonie pregne di emozione collettivamente e per ogni singolo protagonista che, per la prima volta dopo decenni, regalano alle telecamere ed agli obiettivi dei fotografi immagini di uomini e donne che sui propri volti lasciano trasparire incontenibili le emozioni che li animano nei momenti che rappresentano l’apice di una carriera e la conquista di un sigillo di responsabilità ed affidabilita’ insieme, agli occhi di un intero paese.

Anche questo passaggio è storico e mai visto nella lunga storia della Repubblica; quasi due ore di colloquio tra Draghi e Meloni sono sproporzionatamente enormi rispetto ai soliti 15-20 minuti cui siamo stati abituati. Ed il momento contingente e la tensione politica latente giustificano questo tempo allargato durante il quale i due premier sono rimasti in privato colloquio. E le voci quanto i rumors sugli argomenti trattati saranno da qui ad una settimana il gossip da inseguire; da tenere d’occhio le ipotesi che verranno fuori da quella “stampa libera” così ripetutamente ringraziata proprio da Mario Draghi. La verità però, molto probabilmente dolorosa, rimarrà ad esclusivo appannaggio dei due.

Su tutto questo, argomenti che si potranno discutere in altro momento ed altrove, una sola certezza: è iniziato di domenica, alle 12.30 il nuovo governo a guida di una donna, di destra, da sola, senza il neo del ricatto, senza l’ombra di un avversario.

Come è arrivata Giorgia Meloni a Palazzo Chigi? Vadano alle ortiche le dichiarazioni di chi vuole ancora oggi attribuirsi la paternità della stella Meloni.

E poco convincono anche coloro che si sorprendono del risultato: dalle reti di Sittiusnews24 avevano previsto il 18 febbraio 2021 la vittoria di FdI e di Giorgia Meloni perché a noi il percorso tracciato era già  chiarissimo.

Giorgia, al risultato elettorale del 25 settembre ci è arrivata da sola, con l’appoggio si degli amici di sempre, il saggio Lollobrigida e il protettivo Crosetto, ma da sola nelle scelte, caparbie, tenaci, rigide ed intransigenti che l’hanno resa anche oggetto di scherno ed  ilarità nel periodo degli esordi. Quando  Fratelli d’Italia veniva definito il figlio monco di Alleanza Nazionale e quotato nei sondaggi poco più in alto dello zero. Lei ha difeso questo figlio, ci ha creduto e lo ha reso uno spazio per chi aveva voglia di tornare a credere che il bene comune dovesse essere il faro; a partire dai piccoli comuni, spesso quartieri delle città, fino alle grandi aree metropolitane, alle regioni, alla nazione. Ha popolato il suo partito di persone che si rimboccassero anche materialmente le maniche per dimostrare ai cittadini sempre più lontani dalla politica che essere diversi e fare diversamente era ed è possibile.

La gavetta all’opposizione nei 12 anni trascorsi le è servita di lezione, una lezione che ha imparato così bene da insegnarla a sua volta agli alleati di questa tornata elettorale. E passino anche i voti a favore di provvedimenti che non sono piaciuti né hanno fatto bene agli italiani; passino le indagini su qualche “fratello” meno onesto (esiste un solo partito esente dallo scandalo?);  passino anche le grida nell’emiciclo; il gioco della politica lo prevedeva e Giorgia ha giocato, ma la sua strategia l’ha tenuta salda. E non è l’essersi posta all’opposizione del governo Draghi che l’ha resa vincente, come ha sostenuto all’indomani del risultato elettorale  uno degli attuali vicepremier. Piuttosto l’essersi posta da sempre in opposizione ai tanti governi che hanno ottenuto la guida del paese negli anni passati, dimostrandosi puntualmente inadeguati ed inconcludenti: ogni governo caduto e passato è stato non un passo ma un salto in avanti per Giorgia Meloni

Il motivo vero però, quello che ha portato a ciò che stiamo guardando oggi ed ora è un altro: se tutto il mondo politico, residuale, italiano si è mosso per la campagna elettorale dopo lo scioglimento delle camere il 21 luglio 2022, Gorgia Meloni e’ stata l’unica ad avere 3 anni di tempo per prepararsi al momento giusto. Perché lei e con lei tutto il partito, si sono sentiti in campagna elettorale molto prima degli altri, e di conseguenza hanno agito.

E’ stata l’unica ad iniziare la campagna elettorale il 20 agosto del 2019 alla caduta del governo Salvini-Di Maio; in quel preciso momento ha iniziato a costruire il suo progetto Governo ed a chiedere le elezioni, forte di una percentuale di gradimento salita negli anni vicina al 20%. Ed ha continuato per tutto il governo Conte I e II; ha affilato le lame ed affinato idee e tecnica il 13 febbraio del 2021 al giuramento del suo predecessore, Mario Draghi, ed ha ottenuto ulteriori 616 giorni per edificare senza sbavature la macchina del suo consenso riferendosi ai delusi della politica, ai delusi di ogni partito; lasciando agli altri leader le bagarre degne della migliore tradizione della sceneggiata  napoletana – dalla strenua difesa dell’rdc ai mesi persi sul ddl Zan, per citarne due tra i più coloriti – e concentrando invece la sua azione verso la raccolta delle lamentele e del popolo votante esodato a causa del dissenso; un dato che a lei non è sfuggito.

Così come attenta è stata la sua analisi delle affluenze, calata dal 1979 fino a raggiungere il 63,8% di quest’anno: ed il 39.5% di non votanti! Una occasione quella del triennio in questione da non sprecare: polarizzando la campagna elettorale sulla riaffermazione dell’orgoglio nazionale  e del riscatto dal basso. Esattamente quel che tutti gli italiani volevano.

Vero è che, ritornando al colloquio di stamane, il compito della Meloni non sarà semplice ed i risultati non scontati. Se gli impegni imminenti ed urgenti sono quelle che attanagliano l’Italia dall’estate, caro bollette e speculazione economica in primis, quelli a lungo termine sono anche la sfida maggiore che Giorgia Meloni dovrà affrontare: ridare credibilità alla politica mai a livelli così bassi come quelli odierni; ribaltare e sfatare il preconcetto che la destra sia il male. E soprattutto riaffermare, sulla scia dei brillanti risultati ottenuti dal precedente governo, la sovranità dell’Italia e la centralità del nostro paese nel nuovo scenario che si va configurando a livello europeo ed internazionale dalle cui macerie in pochi usciranno illesi.

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