Napoli, 16 Dicembre – Sono ormai le tredici e venti: da più di un’ora il Governo è in riunione per decidere quali saranno le nostre sorti durante le festività, ma – purtroppo – sono fermamente convinto che si cederà alle richieste di chi, svegliandosi di buon mattino con alla la sola calcolatrice, ha improvvisamente cambiato rotta, proponendo, senza “se” né “ma”, la linea dell’estremo rigore.
“Troppi galli a cantar non schiara giorno”: pur aborrendo del tutto le massime proverbiali, spesso elaborate pedestremente da qualche stolto travestito da saggio, credo proprio che il detto testé citato ben si attagli al contesto attuale, considerato che manca de facto un gubernator (It.: “timoniere”) in grado di salvarci dalla tempesta con una manovra che garantisca, al tempo stesso, la serenità interiore degli Italiani. I “galli” sono troppi, perché, nonostante l’indubbia preparazione dei componenti il Comitato Tecnico Scientifico e dei Ministri, non si riesce a trovare una soluzione in grado di ponderare i diversi interessi in giuoco.
Oltre ad un gubernator, cari Lettori, nella nostra Repubblica difetta anche un vero…imperator: questo termine, prima di designare la suprema autorità di Roma, significava “generale vittorioso” (o, se preferite, “comandante supremo”), titolo che dava diritto ad essere omaggiato con l’onore del trionfo. Tale fastosa cerimonia consisteva in un percorso verso il Campidoglio a bordo di un carro, che doveva esser preceduto da uno schiavo avente un duplice compito: reggere la corona al vincitore e sussurrargli all’orecchio “cave ne cadas!“, ossia “attento a non cadere!”.
Malgrado la sua contrarietà a render “rossa” l’Italia nel periodo natalizio, Giuseppe Conte si trova ora, insieme alla squadra di governo da lui capitanata, ad un bivio: far valere con fermezza la propria posizione, facendo perno anche sul suo ampio ventaglio di conoscenze giuridiche, oppure capitolare di fronte alle pressanti richieste di qualcheduno intenzionato a tramutare in un inferno l’esistenza dei propri Concittadini?
Illustrissimo Presidente, siccome è ancora in tempo per fare un passo indietro, La scongiuro di prestarmi ascolto: il momento storico che stiamo vivendo, seppur ben lungi dal poter essere minimamente paragonato ad una guerra, è incontestabilmente tragico, di talché – come Lei stesso ha avuto modo di puntualizzare – le misure restrittive sono necessarie e sacrosante; tuttavia, c’è anche da considerare che il Tempo di Natale costituisce da sempre un’occasione di ritrovo familiare e religioso: l’obiettivo che ci si dovrebbe porre, chiarissimo Professore, è quello di evitare pericolosi assembramenti nelle aree pubbliche, specie in prossimità di negozi, ristoranti e bar, nonché a bordo dei mezzi di trasporto.
In altri termini, la penalizzazione di chi si è sempre attenuto con fedeltà alle regole rischia di mettere a serio repentaglio anche il prestigio della nostra Repubblica: un pranzo di poche ore da un congiunto, con sì e no quattro persone intorno al tavolo (e posizionate a debita distanza), non è da ritenersi un rischio molto elevato.
Da quanto supra emerge palesemente la completa inutilità del “pugno di ferro”, anche perché, specie per le aree c.d. “gialle”, taluno potrebbe avere la folle idea di organizzare riunioni (proibite) in strada o nelle vicinanze di una caffetteria.
Confido nel Suo buonsenso, perché so che Lei, da insigne studioso del diritto, ha in mano (non solo la calcolatrice, ma) anche la Carta Fondamentale.
Cave ne cadas!
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