Riflessioni in pillole Rubriche

Via Ritiro: il ragazzo con gli zoccoli

Napoli, 15 Aprile – Via Ritiro pullulava di gioventù, nonostante la differenza di età, avevo modo di frequentarli un po’ tutti poiché amici e amiche dei miei fratelli maggiori, Franco e Palma.

Non per immodestia ma per capacità di giudizio, devo dire che eravamo tutti belli, non perfetti, non da copertina forse, ma sicuramente piacevoli da guardare e senza dubbio, simpatici da vivere.

Oggi vi voglio parlare del ragazzo con gli zoccoli. Il soggetto in questione era simpatico, corteggiato, divertente, con occhi e capelli neri, corporatura normale e altezza media.

Era il tempo in cui la moda ti proponeva gli zoccoli tipo olandesi, che  oltre ad essere comodi, aumentavano di qualche centimetri la statura, e questo non poteva che far piacere. Se volevi essere all’ultimo grido almeno un paio li dovevi avere, e noi, li avevamo.

Era anche l’estate dei pantaloni di cotone bianchi, che con gli zoccoli che lasciavano intravedere il dorso del piede leggermente abbronzato, una polo colorata o una camicia con le maniche arrotolate, rendevano i nostri ragazzi dei gran fighi. C’è da dire che noi ragazzi di via Ritiro non soffrivamo né di complessi di inferiorità, né di megalomania, in tanti compravamo gli abiti al mercato dell’usato oppure indossavamo quelli dei fratelli maggiori, nuovi o usati poco importava.

L’abitazione del ragazzo con gli zoccoli, confinava con la mia, ci separava unicamente un muro, motivo per cui, quando rientrava a casa, non potevi non notarlo. Sentivi il rumore del legno sull’asfalto già da lontano, la sua era una camminata giovane e spensierata, che non si curava affatto del baccano che faceva. Quel rumore cadenzato però irritava non poco i cani dei vari cortili e in particolare uno dei miei, Lulù, il mio bastardino simil volpino, il quale non appena lo sentiva arrivare, correva in strada e iniziava a ringhiare accanendosi sulle sue caviglie. Il ragazzo con gli zoccoli però, non si lasciava spaventare anzi, essendo un gran giocherellone, lo provocava. Un giorno purtroppo, ebbe la peggio il mio povero Lulù, poiché fu colpito sulla bocca e gli saltarono due denti, restò così sdentato a vita. Oggi una cosa del genere sarebbe diventato un dramma, ma allora non fu così, i miei genitori considerarono che Lulù faceva meglio a starsene in casa e il ragazzo con gli zoccoli, era appunto un ragazzo, e tutto finì lì.

Non finì lì invece, lo scherzo che fece a me e a mia cugina Anna poiché ogni volta che lo ricordo, rivivo ancora l’imbarazzo di allora, anche se con un gran sorriso.

Siete curiosi di sapere cosa combinò?

Si?

Ok, allora ve lo racconto.

D’estate andavamo al mare a Licola beach, ovvero la spiaggia libera chiamata degli americani, la spiaggia di noi povera gente, dove non si pagava l’ingresso e ognuno portava il suo ombrellone.

Come ho già raccontato altre volte, il nostro mezzo di trasporto era l’Ape della Piaggio, il famoso “Tre-ruote” di mio padre e non c’erano limitazioni di posti. La cabina veniva occupata, oltre che dall’autista ovviamente, da mia sorella e dai miei fratelli gemelli, che erano piccini, il resto della compagnia si “accomodava” nel cassone, la parte decappottabile del veicolo. Lo schienale posteriore era intoccabile in quanto gelosamente occupato da mia cugina e me. Ci appoggiavamo a quella lamiera talvolta bollente, proteggendoci la schiena con un telo, Anna aveva dei capelli lunghi bellissimi e il vento li faceva volare nell’aria, ci sentivamo due dive.

Il nostro unico problema era il rientro poiché coincideva con l’orario in cui tutti i ragazzi sostavano all’esterno dei bar del paese, escogitammo così un piano, nell’imboccare la strada principale, ci saremmo stese supine e nascoste sotto una coperta. Il piano funzionò alla grande finché non lo scoprì il ragazzo con gli zoccoli. Malauguratamente un giorno, tutti gli eventi si coalizzarono contro di noi, mio padre ebbe la brillante idea di fermarsi a comprare la farina per mia madre in un negozio al centro del paese, e lui sostava fuori dal bar di fronte. Sepolte sotto la coperta, eravamo terrorizzate che qualcuno potesse sollevarla e scoprire la nostra presenza, e così fu. Lui, riconosciute le sagome, iniziò ad urlare dall’altra parte del marciapiede: “Lellù, Annù, vi ho viste, so che siete sotto la coperta” e rideva come un matto.

Iniziammo a sudare freddo, cercavamo di non fare il benché minimo movimento consapevoli del fatto che, tutto sarebbe stato usato contro di noi. Sentivamo la sua risata e imprecavamo tra i denti contro mio padre che non si sbrigava a riaccendere quel maledetto “Tre-ruote”.

“Lellù, Annù, inutile che state immobili, so che siete sotto la coperta, ora vengo e ve la tiro via”.

I nostri cuori smisero di battere per un attimo, ci stringemmo le mani e pregammo che il ragazzo con gli zoccoli, stesse solo scherzando, quello era l’orario in cui tutti i nostri amici erano lì, al bar, a pochi metri da noi.

Finalmente sentimmo mio padre rientrare in cabina e il cuore riprese a pulsare.

Oggi, dopo più di trent’anni, ho avuto il piacere di scambiare una bellissima ed emozionante telefonata con Eligio, il ragazzo con gli zoccoli.

Perché “I ragazzi di via Ritiro”, è anche questo… ritrovarsi!

Alla prossima carissimi lettori.

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