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LA RIFLESSIONE – Un ripiego pericoloso: l’insegnamento secondo l’odierna concezione

Napoli, 19 Maggio – È sempre un’emozione indescrivibile rivivere, sia pur per pochi attimi, gli anni vissuti da scolaro, cosa che mi capita sovente quando aspetto, pensoso, il treno ad alta velocità per Roma: illo tempore…il chiodo fisso nella mia mente era rappresentato dal portare a casa (almeno) un sei in ogni disciplina, anche perché ero ben consapevole in merito all’importanza rivestita dallo studio nello sviluppo della mia personalità.

Grazie ai miei insegnanti di allora (che saluto molto caramente), le curiosità venivano sempre fuori; tuttavia, in ragione del mio carattere introverso, cercavo sempre di conferire con essi in disparte, spesso nei corridoi, negli atri, od anche per strada, una volta finite le ore curricolari: erano molto contenti di dialogare con me, lasciando trasparire un’empatia che andrebbe presa a modello dai loro omologhi meno esperti.

Nell’era delle nuove tecnologie, dei laureifici ed altre robe che qui non è il caso di elencare…si sta diffondendo sempre di più – nel mondo della scuola, ma anche altrove – il mito dell’impiego stabile (volgarmente detto «posto fisso»), che sovente induce determinati individui a fare notti in bianco per studiare alacremente manualoni teorici e tenere lezioncine simboliche per dimostrare alle Commissioni di averne appreso a memoria (o quasi) il contenuto.

Ma il bello è destinato a venire dopo qualche tempo, ossia all’atto del loro ingresso in classe: il consueto «buongiorno, ragazzi!» che promana dalla bocca del/della prof novellino/a viene pronunziato senza un briciolo di entusiasmo, in quanto la cattedra, il registro (ora soltanto elettronico), le domande dei discenti e quant’altro sono visti come un fardello, come classici «ferri ed eventi del mestiere». Esemplificando, stante la seria difficoltà dei laureati Italiani ad inserirsi nel mondo del lavoro – ed anch’io ci son passato, ahimè! -, molti di essi, vuoi per (più che comprensibile) disperazione, vuoi per far presto a sistemarsi, compiono di frequente scelte avventate di cui i nostri figliuoli sono destinati a pagare lo scotto.

Quante volte, allorquando i genitori chiedono ai figli cosa abbiano fatto a scuola durante la giornata, udiamo i secondi rispondere «niente di che!»? Quante volte capita che un fanciullo non capisce appieno la storia di Roma…perché non gliel’hanno ben spiegata in aula?

Non s’intende, ovviamente, far di tutta l’erba un fascio, anche perché – grazie alla Divina Provvidenza – le scuole abbondano ancora di docenti pronti a farsi in quattro per trasmettere le loro conoscenze ai Cittadini di domani; però, va tenuto presente che, in epoca recente, salire in cattedra costituisce, in una cospicua pluralità di casi, il frutto non di un’autentica vocazione, ma, al contrario, di ambizioni destinate a costituire un pericolo che non va affatto sottovalutato: le testate continuano a parlare di dispersione scolastica, ma in tanti sono all’oscuro che una delle cause è da identificare proprio nella tematica sin qui illustrata.

L’invogliare i ragazzi all’apprendimento non deve esaurirsi alla pedissequa esposizione del contenuto di un libro, ma deve anche stimolare la curiosità dei suddetti: nessun giovane, infatti, è perduto se ha un insegnante che crede in lui, rammentava scientemente Bernhard Bueb!

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