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Quarantuno anni dal sisma dell’Irpinia: la tragedia del 23 novembre 1980

Napoli, 23 Novembre – Oggi sono quarantuno anni da quel giorno, il ventitré novembre 1980, un forte sisma devastò paesi interi e portò via con sé tante vite. Erano le diciannove e trentacinque quando si udì un forte boato che durò ben un minuto e mezzo, un tempo interminabile in cui la terra tremò, un movimento sussultorio e ondulatorio che fece oscillare le case. Gli edifici non erano pronti a sopportare tale trazione.

Aprendo il balcone si vedevano palazzi toccarsi per poi ritornare indietro, tutto intorno crollava, nuvole di polvere si alzavano, le scale cadevano, gli ingressi erano bloccati da grossi massi. La gente irriconoscibile, tentava di ripulirsi dal bianco che l’aveva ricoperta. Il rosso del sangue segnava, come un rivolo, i loro volti. In lontananza si udivano i gemiti di persone ferite e le richieste d’aiuto, intanto il tremore ricominciava. Tutti andavano verso spazi aperti. Era una domenica di novembre inconsuetamente calda.

Le strade erano piene di macerie da scavalcare, l’asfalto era squarciato. Quella notte tutti erano riuniti intorno a fuochi accesi e alimentati con qualsiasi cosa potesse prendere fuoco. L’epicentro del sisma si era manifestato a Pescopagano in provincia di Potenza. Arrivarono a notte fonda i primi soccorsi: l’esercito, i soccorritori volontari e i Vigili del Fuoco.

L’orfanotrofio delle suore era parzialmente crollato, all’interno c’erano i bambini intrappolati, una scala fu appoggiata per portarli in salvo. All’appello mancava Caterina, avevano provato a cercarla, ma le scosse si susseguivano. Forti esplosioni si udivano, erano le bombole che esplodevano sotto i crolli di macerie. Chi poteva si riparava in macchina.

Una grande tenda fu montata: era il riparo dei soccorritori che si alternavano nello scavare per tirare fuori chi era rimasto intrappolato. Le notizie dall’ospedale erano tragiche, i degenti erano usciti ma non c’era molto per soccorrere i feriti. I dottori intervenivano alla bene e meglio con ciò che avevano a disposizione. Tanti sono stati salvati ma altrettanti sono deceduti. In tutto il territorio interessato dal sisma, ci sono stati 2987 morti, 8840 feriti e 280.000 sfollati.

Il buio della notte aveva lasciato posto alla luce del giorno e tutto lo scenario mostrò la grande distruzione, tanti erano i dispersi. Si cercavano i familiari tentando di evitare i crolli, ma nuove scosse facevano fuggire via chiunque cercasse di scavare. Salvataggi rocamboleschi, avvenuti in situazioni di alta pericolosità. Purtroppo tanti hanno visto la morte in luoghi di culto o di ritrovo come bar, discoteche e cinema. Attraversando quei paesi squarciati, si vedevano le suppellettili rimaste in bilico nel vuoto, edifici tranciati di netto e montagne di detriti.

I giorni successivi anche il freddo e le tempeste di vento e pioggia hanno sferzato quei luoghi e infine è arrivata la neve. Arrivavano gli aiuti: le coperte, i pasti caldi preparati dalle cucine da campo dei soldati, poi le prime grandi tende occupate da tante persone, successivamente le roulottes, i prefabbricati, la grande solidarietà e i gemellaggi. Il valore umano ha caratterizzato quei momenti difficili insieme al rimboccarsi le maniche per ricostruire. I bambini hanno avuto il compito di ristabilire la socialità e ancora oggi, da adulti, sono la memoria di ciò che fu e di tutte le vittime.

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